In vigore la Convenzione di Lanzarote

12/07/2010

Il primo luglio è entrata in vigore, nei paesi che l'hanno ratificata, la Convenzione europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale. Firmato da trentanove sui quarantasette stati membri del Consiglio d'Europa, il documento è attualmente in discussione nel Parlamento italiano.

La convenzione di Lanzarote, dall'isola dell'arcipelago delle Canarie dove è stata adottata nel 2007 durante un meeting dei ministri europei della Giustizia, «affronta sistematicamente le tematiche relative alla protezione dei minori dallo sfruttamento sessuale e dall’abuso, introducendo princìpi generali, prevedendo misure preventive e autorità specializzate per la protezione dei minori, nonché specifici programmi di intervento a protezione e assistenza delle vittime» (così si legge nel testo di accompagnamento al disegno di legge  che attende l'approvazione del Parlamento).

Tra le altre cose, il documento impegna gli Stati membri del Consiglio d'Europa a modificare e armonizzare le norme vigenti nei singoli Stati in materia di sfruttamento e di abusi sessuali nei confronti dei minori per evitare che gli Stati dotati di una legislazione meno rigida possano essere scelti come luogo per commettere delitti di natura sessuale. Tre gli obiettivi fondamentali: «prevenire e combattere lo sfruttamento sessuale e l’abuso sessuale dei minori; proteggere i diritti dei minori vittime di sfruttamento sessuale e abuso sessuale; promuovere la cooperazione nazionale e internazionale contro lo sfruttamento sessuale e l’abuso sessuale dei minori».

Come segnalato da Tessa Onida nel commento al ddl italiano, «per migliorare la tutela offerta ai minori si è anche anticipata la soglia di punibilità dei comportamenti dei pedofili ponendo l’attenzione a tutti quegli atteggiamenti che spesso si riscontrano nei momenti che precedono l’abuso: a questo proposito sono stati introdotti i nuovi reati di pedopornografia culturale e dell’adescamento via Internet».

Questi principi si ritrovano nel testo portato all'approvazione unanime delle Camere, ma che interviene solo su quegli aspetti non disciplinati dalla nostra legislazione.
Le novità principali, come detto, sono sostanzialmente due e scaturiscono da alcune proposte di legge sul tema discusse nella Commissione giustizia della Camera. L'introduzione del nuovo articolo del Codice penale 414-bis punisce con la reclusione da tre a cinque anni chiunque si macchi di pedofilia e pedo-pornografia culturale, cioè chi, «con qualsiasi mezzo, anche telematico, e con qualsiasi forma di espressione, pubblicamente istiga a commettere reati di prostituzione minorile, di pornografia minorile e detenzione di materiale pedo-pornografico, di violenza sessuale nei confronti di bambini e di corruzione». La stessa pena si applica anche a chi faccia pubblica apologia di questi delitti.

La seconda novità riguarda l'introduzione dell'adescamento di minorenni via Internet, cioè «qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione», ed è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Pene più severe anche per chiunque «recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto; favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di eta’ inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto»: reclusione da sei a dodici anni e multa da 15 mila a 150 mila euro. I “clienti” sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000, ma se il minore non ha ancora compiuto 16 anni, la pena sarà aggravata ulteriormente. Viene poi escluso il patteggiamento per i casi di prostituzione minorile.

Il testo della Convenzione non è comunque esente da pecche, come osservato da alcuni commentatori. Dal commento di Onida si evince che la convenzione non tiene conto «del ruolo positivo che la famiglia può e deve svolgere accanto al minore» e perciò non riesce a «superare una concezione puramente impeditiva dei comportamenti lesivi dei minori per approdare a una visione più ampia della problematica, che tenga conto del fatto che famiglia e infanzia sono strettamente legate, e ciò anche quando la famiglia è assente per incapacità o immaturità educativa». (mf)