di Nicholas Ray
(Usa, 1955)
Sinossi
E’ sera. Al commissariato di polizia si trovano, per essere interrogati, tre giovani ragazzi. Judy, Plato e Jim. Per una ragione o per l’altra, i tre hanno grossi problemi famigliari e sono scappati di casa. Plato, accompagnato dalla governante, è un ragazzo solo, visto che il padre e la madre sono sempre lontani da casa. Judy mal sopporta i genitori che, in più di un’occasione, dimostrano freddezza nei suoi confronti. Jim, invece, da poco trasferitosi in città, soffre la totale inettitudine del padre. I tre si rincontrano il giorno dopo, nel corso del primo giorno di scuola di Jim. Judy, ignorando le attenzioni del ragazzo, passa il suo tempo con una banda di teppisti, guidata da Buzz. Jim, emarginato perché nuovo della zona, trova nell’insicuro Plato l’unica persona disposta a parlare con lui. Subito dopo una visita al planetario, la banda di Buzz e di Judy attacca briga con Jim. Quando quest’ultimo viene chiamato ‘coniglio’ inizia una piccola bagarre che si conclude con una sfida, la sera stessa, alla “chickle run”, ovvero la corsa del coniglio: due macchine (con al volante Jim e Buzz) si lanciano alla massima velocità verso un burrone, il primo che si getta fuori dall’abitacolo è un coniglio. Ma la corsa ha un epilogo drammatico: Buzz non riesce ad aprire la portiera e muore. Jim, Judy e Plato scappano e, non potendo trovare conforto nelle rispettive famiglie, si rifugiano in una villa abbandonata. Qui i tre vivono il solo momento di serenità della giornata. Jim e Judy scoprono di essere innamorati, Plato invece trova un surrogato della famiglia che non ha mai avuto. Tuttavia l’idillio dura poco perché nel frattempo, i compagni di Buzz, temendo che Jim vada alla polizia, lo cercano per impedirglielo. Quando, trovata la macchina di Jim, i ragazzi entrano nella villa, vengono accolti da un colpo di pistola sparato da Plato. Quest’ultimo, allora, per paura di essere catturato dalla polizia, fugge nel vicino planetario. Accorrono Jim, Judy, ma anche gli agenti e i parenti. Non basta il tentativo di Jim di tranquillizzare e disarmare il giovane amico. Plato, vedendo la polizia, scappa e viene freddato benché disarmato. Jim piange l’amico e trova in Judy l’unica fonte di consolazione.
Presentazione Critica
Un pugno nello stomaco: ecco quello che doveva sembrare alle famiglie americane la visione di questo film. Un attacco frontale, senza mezze misure, senza alibi, all’istituzione famigliare e al suo maggiore rappresentante, il patriarca. Gli anni ’50 videro l’America interrogarsi per la prima volta seriamente sui fenomeni di devianza, ribellione, violenza giovanile. Ma la risposta che ricevette da questo ed altri film analoghi non fu certo facile da digerire perché sul banco degli imputati saliva il centro della società a stelle e strisce, ovvero la famiglia medio borghese tipo. Non la povertà, non i fenomeni di emarginazione giovanile (Jim, infatti, non può certo considerarsi un emarginato dal gruppo di Buzz), non la modernità o la tecnologia, non le differenze di ceto, ma semplicemente il disfacimento del nucleo famigliare: ecco la ragione della ribellione giovanile. La scena iniziale è assolutamente illuminante: Jim, ubriaco, violento, prevaricatore, è interrogato da un poliziotto. E’ accusato di aver picchiato un ragazzo semplicemente perché lo aveva apostrofato con l’epiteto di coniglio. Un ribelle senza una causa, dunque, come d’altronde conferma il titolo originale del film Rebel Without a Cause, che picchia senza un vero movente. Ma basta poco allo spettatore per capire che c’è di più dietro tale prepotenza: basta l’arrivo dei genitori e della nonna. In pochi minuti, con i loro litigi, le loro insicurezze, le contraddizioni tra i gesti e le parole, le minacce e le promesse non mantenute, capiamo che la ribellione di Jim nasce dalla vuotezza dei suoi parenti. Un’altra scena dissipa ogni dubbio: Jim torna a casa disperato dopo la morte di Buzz e chiede al padre cosa fare, se andare alla polizia oppure no. Il genitore lo accoglie vestito con un grembiule da cucina, un’immagine che sintetizza perfettamente l’impossibilità da parte dell’uomo di assurgere a punto di riferimento. Egli non capisce, non si rende conto che il ragazzo vuole da lui certezza, fermezza, sicurezza, non certo confusione, tentennamento, smarrimento. Non basta però l’autorità. Il padre deve anche saper distribuire comprensione, amore, affetto. E allora ecco il papà di Judy che, all’opposto, al bacio filiale della giovane risponde con uno schiaffo, perché la bella ragazza è rea di comportarsi ancora come una bambina. Egli non sa che Judy, nel ruolo di ‘donna del capo’ (è fidanzata di Buzz) è già costretta quotidianamente a comportarsi da adulta e che quindi cerca quell’affetto e quella protezione che si dovrebbe trovare nel nido famigliare. E poi c’è Plato colui che risponde all’assenza dei genitori con la paura, l’insicurezza, il terrore di essere abbandonato o di restare per sempre solo. E’ inevitabile che Plato diventi la vittima sacrificale, essendo, senza ombra di dubbio, l’anello più debole della catena. Con la paradossale convinzione che Jim possa fargli da padre, Plato sbatte in faccia agli adulti la colpa per averlo lasciato solo. Appare così significativo il finale del film: Plato col giubbotto di Jim scappa, benché la sua pistola sia scarica e sia perciò inerme all’arrivo degli adulti. Egli potrebbe seguire i suggerimenti paterni di Jim (in quel momento effettivamente diventato il ‘padre’ di Plato) che gli chiede di arrendersi, ma non lo fa e così segna il suo destino. Si produce così un cortocircuito nel messaggio filmico: i figli non possono seguire i consigli dei genitori (vista la loro assenza e la loro incapacità di comprenderli), tuttavia se non li seguono finiscono per farsi uccidere. La morte non è solo quella di Plato, ma attraverso il giubbotto – strumento di traslazione del messaggio – è anche quella di Jim e di ogni sia speranza di felicità dei coetanei. Ultimo film interpretato da Dean prima di morire, Gioventù bruciata è anche un inno alle potenzialità artistiche del mezzo cinematografico: colonna sonora, fotografia, scelta delle inquadrature (spesso sbilenche per dare un senso di spaesamento al racconto e ai personaggi), interpretazione, trovano un equilibrio che solo il cinema classico americano, in taluni casi, ha saputo raggiungere. Molte le sequenze entrate nella storia del cinema. La più famosa, la più citata è senz’altro quella della corsa dei conigli – anche perché in parte premonitrice della morte di Dean, perito in un incidente automobilistico – ma altrettanta centralità narrativa ha la sequenza del planetario: l’ambientazione, che ricorda per carica simbolica quelle dei film di Hitchcock, rimanda al desiderio dei ragazzi di evadere, di guardare liberi un cielo stellato che non c’è, perché è un semplice artificio scenico. Rimanda anche alla fine del mondo (descritto dal professore in una delle prime scene del film), ad un universo chiuso da cui è impossibile evadere e la cui fine di Plato ne è una crudele applicazione. Marco Dalla Gassa