Povertà minorile, rapporto Unicef

2012/06/06 Type of resource: Topics: Titles:

Qual è l'impatto della crisi sulla povertà dei minori nei Paesi ricchi? Il rapporto Misurare la povertà tra i bambini e gli adolescenti, realizzato dal Centro di ricerca Innocenti dell'Unicef e presentato ieri a Roma, restituisce una fotografia del fenomeno aggiornata agli ultimi dati disponibili.

L'analisi del Centro di ricerca mette in luce differenze notevoli tra gli Stati e dimostra che la povertà infantile in questi Paesi non è inevitabile, ma è legata alle scelte politiche.

Lo studio – il numero 10 della serie Innocenti Report card – esamina la povertà e la deprivazione materiale infantile basandosi su due misure diverse: i tassi di deprivazione materiale tra i bambini e gli adolescenti, cioè la percentuale di minori (tra 1 e 16 anni) che non ha accesso a due o più beni, servizi o attività ritenuti “normali” nelle società economicamente avanzate, come fare almeno tre pasti al giorno, disporre di una connessione a internet e di alcuni indumenti nuovi; i tassi di povertà relativa, cioè la percentuale di minori (tra 0 e 17 anni) che vive in famiglie in cui il reddito disponibile adeguato alle diverse dimensioni e composizioni familiari è inferiore al 50 per cento del reddito medio nazionale. I dati sulla prima misura, tratti dall'indagine Eu-silc 2009, sono disponibili per 29 Paesi (i 27 dell'Unione europea oltre a Norvegia e Islanda), mentre quelli sulla seconda sono disponibili, oltre che per i 29 Paesi sopra citati, anche per l'Australia, il Canada, il Giappone, la Nuova Zelanda, la Svizzera e gli Stati Uniti.

Secondo i dati forniti dal rapporto, le percentuali più alte di deprivazione materiale si riscontrano in Paesi come Romania, Bulgaria e Portogallo (rispettivamente con più del 70, 50 e 27 per cento dei bambini e adolescenti esclusi). Tuttavia, anche alcuni Stati tra i più ricchi, fra cui la Francia e l'Italia, hanno tassi di deprivazione superiori al 10 per cento. Ai primi posti, invece, i Paesi nordici, come Islanda, Svezia, Norvegia e Finlandia, con tassi inferiori al 3 per cento.

Gli stessi Stati del Nord Europa, insieme ai Paesi Bassi, sono in testa alle classifiche anche per quanto riguarda la povertà relativa, con le percentuali più basse, che si attestano intorno al 7 per cento. I tassi più alti si registrano, invece, in Romania, Stati Uniti, Lettonia (rispettivamente 25,5, 23,1 e 18,8 per cento) e altri Paesi, fra cui l'Italia (15,9 per cento). I confronti tra i Paesi con economie simili, si legge nella presentazione del rapporto, «dimostrano come la politica dei governi abbia impatti significativi sulla vita dei bambini e degli adolescenti». La Danimarca e la Svezia, ad esempio, «hanno tassi molto più bassi di povertà infantile rispetto al Belgio o alla Germania, ma tutti e quattro i Paesi hanno gli stessi livelli di sviluppo e reddito pro capite».

Il rapporto, oltre a offrire un quadro comparativo del fenomeno nei Paesi industrializzati, richiama l'attenzione sulla necessità di garantire sistemi di protezione dei bambini e degli adolescenti dalla povertà: «se da una parte il costo diretto ricade sui minori, nel lungo periodo è la società nel suo insieme a pagarne le conseguenze, in termini di basso livello del capitale umano accumulato, di disoccupazione diffusa e bassa produttività, di costi sempre più elevati per la tutela giuridica e sociale, con conseguente riduzione della coesione sociale», si legge nel documento.

Ma ancor più importante è il principio che anima il dibattito: i bambini, infatti, «hanno soltanto un'opportunità di svilupparsi fisicamente e psicologicamente, per questo l'impegno a proteggerli dalla povertà va mantenuto tanto in periodi favorevoli, quanto in situazioni avverse». Per riuscire ad attuare politiche efficaci in questa direzione, si spiega nel rapporto, occorre avere a disposizione informazioni aggiornate, che ad oggi mancano, dal momento che entrambe le misure prese in considerazione dallo studio non lo sono. (bg)

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