La Relazione della Commissione europea sui requisiti applicabili ai bambini che attraversano le frontiere esterne degli Stati
Il regolamento (CE) del 28 maggio 2009 n. 444/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio - che ha modificato il regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio concernente le norme relative alle caratteristiche di sicurezza e agli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri - ha introdotto nell’ordinamento giuridico europeo il principio "una persona - un passaporto"[1]. Secondo tale principio, infatti, i passaporti e i documenti di viaggio possono essere rilasciati soltanto come documenti individuali eliminando, così, la possibilità di iscrizione di un minorenne sul passaporto del genitore o di chiunque sia delegato ad accompagnarlo, al fine di assicurare una maggiore protezione ai minori che viaggiano e permettere più controllo sui fenomeni della sottrazione di minorenni e della tratta internazionale di minori.
La relazione[2] si basa su uno studio realizzato per la Commissione riguardante la legislazione e le pratiche dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dei paesi associati a Schengen[3], sulla questione dei figli di cittadini di paesi terzi e dell'UE che, viaggiando soli o accompagnati, attraversano le frontiere esterne, eha per oggetto i controlli a cui sono sottoposti i minori che attraversano legalmente le frontiere esterne degli Stati membri. Non è un caso che l'articolo 1 del regolamento 444 abbia stabilito l’obbligo per la Commissione di presentare, entro il 26 giugno 2012, una relazione sui bambini che, viaggiando soli o accompagnati, attraversano tali frontiere e di adottare iniziative per garantire un'impostazione comune. Emerge dalla Relazione che l’adozione del principio "una persona-un passaporto" ha reso gli spostamenti dei minori più sicuri e gli attraversamenti delle frontiere più veloci, dal momento che le guardie di frontiera hanno, a questo punto, la possibilità di identificare il minore proprio così come indicato nel passaporto, mentre prima, in certi casi, soprattutto quando il cognome del genitore e del minore risultavano diversi, era difficile collegare il minore al proprio genitore. Per questo, alcune parti interessate, tra cui Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea) si sono dichiarate favorevoli all'idea di includere nel passaporto del minore anche le informazioni sul genitore o sui genitori (o sul tutore o i tutori legali che lo accompagnano) anche in virtù del fatto che il principio di cui parliamo - che si applica ai cittadini degli Stati che fanno parte dello spazio Schengen[4] - è in realtà solo uno dei requisiti volti a rendere sicuri gli attraversamenti dei minori delle frontiere e a contrastare reati quali il rapimento e la tratta di minori. Il codice frontiere Schengen (cioè il codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone) non obbliga, invece, i figli di cittadini di paesi terzi a possedere il proprio passaporto individuale al momento dell'ingresso nello spazio Schengen o dell'uscita dallo stesso, anche se, per i figli di cittadini di paesi terzi soggetti a obbligo di visto, il visto Schengen sembra fornire una "protezione" del tutto simile a quella del principio "una persona-un passaporto" in quanto contiene una fotografia sempre aggiornata del minore, anche nel caso di passaporto familiare in cui i visti sono separati, rilasciati a ciascun genitore e a ciascun minore, con fotografie individuali.
Nel documento si osserva che la legislazione e le buone pratiche in uso nell’Unione europea sono state ritenute un aiuto importante per agevolare il lavoro ai valichi di frontiera perché hanno fornito orientamenti più dettagliati, tanto da incoraggiare la Commissione europea a proporre delle modifiche al codice frontiere Schengen richiedendo innanzitutto una base comune per la formazione specializzata delle guardie di frontiera, in modo da individuare tempestivamente e trattare in modo adeguato le situazioni riguardanti persone vulnerabili quali i minori non accompagnati e le vittime della tratta[5]. Si chiede, inoltre, che le modifiche debbano essere dirette ad istituire formalmente l'elenco dei punti di contatto nazionali (attualmente elaborato su base volontaria) e renderne obbligatorio l'uso, da parte delle guardie di frontiera, in caso di minimo sospetto, indipendentemente dal fatto che i minori viaggino accompagnati o senza accompagnatore: quando sorge anche solo il sospetto che i minori non debbano uscire dallo Stato in cui si trovano, le guardie di frontiera devono sottoporli ad un controllo più specifico.
La Commissione affronta anche il complicato aspetto dell’autorizzazione all’espatrio dei genitori con figli minorenni negli Stati membri dove vigono normative e pratiche piuttosto diverse e, al tempo stesso, le pratiche utilizzate dalle guardie di frontiera riguardo ai controlli sui minori sono già abbastanza simili. Nell’analisi si considera che non è possibile stabilire se i minori godano di una maggiore protezione negli Stati membri in cui, come regola generale, occorre presentare un modulo di autorizzazione dei genitori alla frontiera rispetto agli Stati in cui questo non avviene; tra l’altro se per alcuni operatori del settore l'autorizzazione costituisce un'inutile complicazione aggiuntiva, soprattutto se il consenso dei genitori è necessario anche per ottenere il passaporto, altri operatori propongono lo sviluppo di un modulo standardizzato di consenso dei genitori per gli spostamenti all'interno e all'esterno dello spazio Schengen o a livello internazionale. Tra gli altri aspetti che creano confusione circa l’autorizzazione dei genitori con figli minori alla frontiera a causa delle differenti norme vigenti degli Stati membri, la Commissione sottolinea la mancanza di attendibilità delle informazioni al pubblico e chiede agli Stati membri di migliorare la qualità delle informazioni sulle condizioni applicabili ai minori che attraversano le frontiere. Infatti, benché i viaggiatori possano accedere facilmente alle informazioni concernenti le condizioni applicabili in materia di passaporto e di visti in alcune lingue, sembra molto difficile reperire informazioni concrete sulla necessità di documenti giustificativi come quelli di autorizzazione dei genitori[6] (informazioni spesso disponibili solo nella lingua dello Stato membro e, laddove esistano in altre lingue, o sono difficili da individuare o risultano addirittura in contraddizione con altre fonti di informazione).
Infine, si riportano le buone pratiche individuate fino ad oggi finalizzate a migliorare la protezione dei minori:
- impartire una formazione specializzata alle guardie di frontiera sulla tutela dei minori; in alcuni Stati membri riceve tale formazione anche il personale di terra e di cabina;
- fare in modo che presso i principali valichi di frontiera sia in servizio per ogni turno di lavoro una guardia di frontiera dotata di una formazione specifica sul trattamento dei minori;
- instaurare una collaborazione consolidata tra le guardie di frontiera e il personale addetto al check-in presso i principali aeroporti;
- qualora sia richiesta l'autorizzazione dei genitori, verificare, nei casi sospetti, l'autenticità dei documenti contattando l'altro genitore o i genitori e formulando domande di controllo per stabilire l'effettiva identità delle persone in questione;
- per i bambini più piccoli prevedere controlli di frontiera effettuati da guardie di frontiera, piuttosto che controlli automatizzati alle frontiere;
- permettere alle guardie di frontiera di accedere direttamente ai registi anagrafici nazionali;
- istituire meccanismi di riferimento chiari riguardo alle autorità alle quali rivolgersi e ai casi in cui esse devono essere contattate in una situazione di allarme.
Tessa Onida
[1] In Italia il Regolamento 444/2009 e il relativo principio è attuato dalla legge 20 novembre 2009, n. 166 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
[2] Commissione europea, Relazione al Parlamento europeo e al Consiglio del 2 agosto 2013 COM(2013) 567, su I requisiti applicabili ai bambini che attraversano le frontiere esterne degli Stati.
[3] Lo spazio Schengen comprende 26 paesi europei di cui alcuni sono anche Stati membri dell’UE Austria, Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria, più Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Questi Paesi “senza frontiere interne” non devono più effettuare i controlli alle loro frontiere interne (cioè le frontiere fra due Stati Schengen) ed hanno rafforzato i controlli alle frontiere esterne (cioè le frontiere fra uno Stato Schengen e uno Stato non Schengen) per cui sia i cittadini dell’UE che i cittadini di paesi terzi possono circolare liberamente entro lo spazio Schengen.
[4] Gli accordi di Schengen furono firmati il 14 luglio 1985 da Francia, Germania e Paesi del Benelux. In un secondo momento vi hanno aderito anche l’Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia e, il 21 dicembre 2007, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Tali accordi, è bene ricordarlo, si situavano al di fuori non solo del contesto comunitario in senso stretto, ma anche dell’Unione europea quale prefigurata a Maastricht, ed avevano come obiettivo l’eliminazione dei controlli fisici alle frontiere interne e la disciplina comune dei controlli alle frontiere esterne. Nella Convenzione di applicazione del 1990 erano poi previste una serie di misure in tema di visti di ingresso, di lotta contro l’immigrazione clandestina, di cooperazione doganale, giudiziaria e di polizia, nonché un sistema di scambio di informazioni (SIS) basato su una banca dati accessibile a tutti gli Stati contraenti e relativa a tutti i soggetti indesiderabili o rilevanti.
[5] Vedi anche il Regolamento 26 giugno 2013, n. 610/2013 che stabilisce che “gli Stati membri assicurano che le guardie di frontiera siano professionisti specializzati e debitamente formati, tenendo conto della base comune per la formazione delle guardie di frontiera stabilita e sviluppata dall’Agenzia Frontex europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri, istituita con regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio. I programmi comprendono una formazione specializzata ai fini dell'individuazione e della gestione di situazioni che coinvolgono persone vulnerabili quali minori non accompagnati e vittime della tratta di esseri umani. Gli Stati membri, con il sostegno dell'Agenzia, incoraggiano le guardie di frontiera ad apprendere le lingue necessarie per l'esercizio delle loro funzioni".
[6] Per questo la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale ha avviato la preparazione di una scheda sugli aspetti di diritto civile del trasferimento lecito dei minori in un altro Stato che sarà resa disponibile sul Portale europeo della giustizia elettronica.
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