di Darren Stein
(USA, 1998)
Sinossi
Courtney, Julie, Foxy e Liz sono le ragazze più belle, desiderate, ammirate ed invidiate della Reagan High School. In occasione del diciassettesimo compleanno di Liz, le amiche decidono di organizzarle un finto rapimento legandola e chiudendola nel portabagagli della loro automobile. Quando si accorgono però che l’amica è morta a causa del grosso chewing-gum (detto “spaccamascelle”) che Courtney le ha spinto in gola, ad un primo momento di terrore e smarrimento fa seguito la decisione di inscenare uno stupro. Uscite da scuola riportano dunque il cadavere a casa e organizzano una messinscena per rendere credibile la violenza. A sorpresa sopraggiunge Fern, una ragazza bruttina e impopolare che si era offerta di portare i compiti a casa di Liz, assente per ovvi motivi; Fern scopre tutto ma viene ammansita dalla diabolica Courtney che le promette di farla diventare “una di loro” a prezzo del suo silenzio sulla faccenda. Il brutto anatroccolo si trasforma così in Vylette, bionda mozzafiato, mentre Julie, assalita dai rimorsi viene ghettizzata dalle amiche e rimane sola. Intanto, scoperto il cadavere, le indagini sulla morte di Liz vengono portate avanti dal severo ispettore Vera Cruz, la quale, dopo un iniziale sospetto sulle ragazze, chiude il caso incarcerando uno sconosciuto le cui tracce sono state trovate sul luogo del delitto. In realtà è stata Courtney a “rimorchiare” il pervertito in un locale equivoco a portarlo in camera di Liz e, infine, a instradare con una falsa confessione la polizia. Le cose sembrano essersi sistemate per il meglio, quando Vylette, divenuta troppo popolare nella scuola, viene svergognata davanti a tutti da Courtney che rivela la sua reale identità, scatenando il suo feroce desiderio di vendetta. Fern e Julie uniscono le loro forze e riescono a trovare una prova schiacciante della colpevolezza di Courtney. Durante il ballo di fine anno, proprio mentre Courtney viene incoronata regina della scuola, il mistero viene svelato e la ragazza viene umiliata pubblicamente da tutti gli studenti.
Introduzione al Film
Schegge di humour Unico film di Darren Stein distribuito in Italia, Amiche cattive potrebbe essere definito come un teen movie dai toni tipici della commedia nera, simile nella sua spietata ferocia al cult Schegge di follia (USA, 1989) di Michael Lehmann. Stein si diverte a spingere verso il paradosso ed il surreale un incidente casuale cercando però di non perdere mai il realismo. Laddove Lehmann proponeva un’acerrima critica al sistema scolastico arrivistico e omologante tramite una progressiva distruzione di tutti i simboli di una società sbagliata, con i giovanissimi Christian Slater e Winona Ryder che diventavano spietati serial killer giustizieri dei loro compagni di scuola, in Amiche cattive l’elemento distruttivo non è una componente spuria rispetto al sistema, bensì ne è parte integrante e fondante. Le ragazze più popolari della scuola, esempio di perfezione fisica e di emancipazione morale sempre invidiabile anche nelle sue sfumature più riprovevoli, vero e proprio pilastro del microcosmo scolastico, termine assoluto e sconfortante di paragone per tutti gli altri studenti costretti ad inseguirle, in una corsa già persa in partenza, sono pronte a spingere il proprio bisogno di salvare le apparenze oltre ogni limite morale ed etico. La critica sociale e la distruzione di un modello che nel film di Lehmann era presente già all’interno della storia, viene trasferita da Stein all’esterno, dove allo spettatore critico spetta il compito di guardare e giudicare. Il pubblico viene letteralmente bombardato dalla cattiveria dei personaggi, compresi quelli “positivi” – ammesso che ve ne siano – in una spirale di abiezione in cui persino il senso dell’umorismo ed il sarcasmo sembrano fuori luogo. Nella foga di non risparmiare niente e nessuno, nemmeno i colpi più bassi, il film smarrisce lo humour nero a favore di un iper-realismo francamente disturbante. Come se non bastasse l’idea di tre amiche che inscenano lo stupro di una coetanea uccisa per sbaglio, il film non esita a descrivere con dovizia di particolari la protagonista che seduce un pervertito e, per ottenere la prova schiacciante della sua colpevolezza, ha un rapporto sessuale mentre il cadavere dell’amica giace sotto il letto. I personaggi, spinti ad un parossismo eccessivo, diventano così figure estranee alla realtà, rendendo anche gli strali satirici molto meno efficaci. Rimane comunque una confezione molto curata, in cui la regia evita facili sperimentalismi e si concentra sapientemente sui personaggi e sulla storia, mentre la fotografia coloratissima contrasta con i toni cupi e torbidi della vicenda. Particolarmente efficace da un punto di vista visivo è la rappresentazione della tre protagoniste, cui si aggiunge la metamorfosi “alchemica” di Fern/Vylette. Le inquadrature sono sempre percorse, come la mente degli adolescenti, da un erotismo strisciante, a volte appena accennato, altre volte esplicito e diretto. Da segnalare inoltre i divertenti cammeo di Pam Grier nel ruolo del detective dal nome demenziale (Vera Cruz), e la provocatoria partecipazione di Marilyn Manson nel ruolo del pervertito, con un paio di baffi finti da b-movie anni ’70.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazinoe
L’apparenza inganna Profondamente intriso dei luoghi comuni sul contesto sociale delle scuole superiori statunitensi, il film racconta la storia di tre amiche diciassettenni, Courtney, Julie e Foxy che si trovano a dover fare i conti con l’omicidio accidentale di un’amica. Essendo le ragazze più popolari della scuola cercano in tutti i modi di mantenere e consolidare questo status. La loro attenzione è tutta sul tentativo di salvare le apparenze in ogni modo: a partire dall’abbigliamento sempre ricercato ed elegantemente sexy, passando per il trucco pesante che le fa sembrare molto più adulte della loro età, e finendo con una serie di regole comportamentali rigide che prevedono che non si mangi mai in pubblico, che non ci si mischi mai ai compagni che non sono all’altezza e che si faccia di tutto per apparire inarrivabili ed insuperabili. La morte di Liz, che rispetto alle altre tre era comunque dotata di gentilezza e capace anche di gesti caritatevoli, pone le amiche di fronte ad una scelta obbligata: da un lato confessare l’omicidio con il rischio di perdere la propria posizione sociale ed il proprio prestigio, dall’altro rendere ancora più estremo il gioco delle apparenze creando false piste per gli investigatori e percorrendo la strada di una ferocia probabilmente senza ritorno. Se Courtney, esecutrice materiale del delitto e leader carismatica del terzetto, non ha dubbi nel cercare di fingere che non sia successo niente, Julie è assalita da dubbi di coscienza che la portano a rivedere la propria vita e le proprie priorità, mentre Foxy, incapace di prendere decisioni autonome, è succube della personalità forte di Courtney. In questa situazione conflittuale si inserisce la povera Fern che viene blandita da Courtney e si lascia convincere a non rivelare niente di ciò che sa pur di cambiare la sua posizione sociale sfavorevole. Il suo bisogno di essere apprezzata dai compagni è di molto superiore ai suoi principi morali, in un contesto in cui i falsi valori dell’arrivismo e del successo futile si sono sostituiti a quelli veri. Non a caso è solo dopo essere stata brutalmente scalzata dal piedistallo fittizio su cui Courtney l’aveva posizionata che si ricorda di avere una coscienza ed il suo agire non è dettato da senso di giustizia ma esclusivamente da desiderio di vendetta. Come in una sorta di patto con il diavolo Fern accetta di cambiare pelle e personalità trasformandosi in Vylette. In maniera piuttosto esplicita il film tende ad enfatizzare e portare fino alle estreme conseguenze la progressiva trasformazione di Courtney in personaggio disumano e completamente demoniaco. Proprio come un creatore malvagio, Courtney sente di poter gestire e manipolare la realtà come le persone. In un pauroso delirio di onnipotenza costruisce e distrugge persone con la stessa libertà e la stessa confidenza di un dio e si sente proprietaria delle vite altrui. Julie, ormai libera dal suo potere e in grado di vedere chiaramente la deriva autodistruttiva intrapresa dalle amiche, si sente capace di un potere uguale e contrario in grado di distruggere il potere di Courtney. In fondo il gesto finale in cui viene svelata la vera identità dell’assassina di Liz, subito messa alla berlina e umiliata da tutti, non è meno feroce e cattivo, nel ghigno soddisfatto di chi ha ottenuto vendetta, del carnefice trasformato in vittima. Ne esce una rappresentazione assolutamente pessimistica e senza speranza del contesto scolastico, una lotta per il potere che sembra anticipare e simboleggiare i meccanismi della macro-politica e della macro-economia. Se l’unico personaggio veramente positivo soccombe in maniera stupida e futile, a sopravvivere occupando i vari gradini di un sistema di caste sono personaggi deboli, succubi, spietati, feroci o semplicemente inutili. Si tratta, pur con qualche difetto già evidenziato, di un approccio originale rispetto alla tendenza piuttosto diffusa nel cinema statunitense ambientato nella scuola di raccontare il tentativo di ribaltamento del sistema dal basso.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Trattando temi piuttosto scabrosi con un linguaggio spesso fin troppo esplicito, nonostante non sia prevista nessuna restrizione dalla censura, la visione di questo film è adatto esclusivamente per gli studenti delle ultime classi delle scuole medie superiori. Si tratta di un contesto, è opportuno segnalarlo, profondamente diverso da quello degli istituti superiori italiani, tuttavia Amiche cattive può offrire spunti di approfondimento e di analisi sulle questioni legate all’adolescenza, all’accettazione di sé, al conformismo, al bullismo, ai principi morali e ai valori etici. Sul tema del contesto delle scuole superiori statunitensi e sul malessere adolescenziale legato ad episodi delittuosi si consiglia la visione di Schegge di follia (USA, 1989) di Michael Lehmann, Dear Wendy (Danimarca/Francia/Germania/Gran Bretagna, 2005) di Thomas Vintenberg, Il delitto Fitzgerald (USA, 2003) di Matthew Ryan Hoge. Ludovico Bonora