di Kim Rossi Stuart
(Italia, 2006)
Sinossi
Renato è padre di due ragazzi, Viola e Tommaso; i tre vivono da soli da quando Stefania, la madre, se n’è andata. Il ménage familiare a volte è burrascoso, dato il carattere suscettibile e iroso di Renato, ma nella piccola famiglia regna, tutto sommato, una buona armonia. Uno dei pochi motivi di scontro tra Tommaso e il padre è lo sport: Tommi adora il calcio, ma il padre preferisce che faccia nuoto e incoraggia il figlio a impegnarsi in questo sport, dati anche i buoni risultati che ottiene. Il ragazzo, seppur controvoglia, si adegua. Un giorno, Stefania torna a casa. Viola e Tommaso assistono impietriti alla violenza con cui Renato la accoglie; ma poi, anche grazie al loro intervento, la donna è riammessa in casa. Nonostante l’ennesima scenata di Renato, che gli fa perdere un lavoro, la famiglia riunita sembra felice. Stefania sembra volersi riappropriare del ruolo materno e coccola i figli, portandoli al luna park nelle ore di scuola e alle mostre di pittura. Viola si abbandona totalmente alla felicità per la presenza della madre; Tommaso è più restio, consapevole della fragilità della donna. E infatti, un giorno, Stefania se ne va di nuovo. La situazione precipita. Renato ha sempre più difficoltà a trovare lavoro e a pagare i debiti, dato anche il suo carattere orgoglioso e testardo, ed è sempre più aggressivo e scostante con i figli. Mentre Viola cerca di mantenere vivo il rapporto col padre, Tommi trova rifugio nella famiglia di un amico, che appare serena e unita e che lo accoglie volentieri. Durante la gara finale di nuoto, Tommi si ferma a metà nonostante sia il favorito, deludendo profondamente Renato che poi, durante un litigio, lo caccia di casa. Il bambino si rifugia dalla famiglia dell’amico ma, durante la notte, torna a casa e si riappacifica col padre che, la mattina dopo, promette di iscriverlo a un corso di calcio. Qualsiasi ruolo per Tommi va bene: anche libero. Poche ore dopo, a scuola, la madre fa recapitare al figlio una foto che li ritrae insieme: e il bambino, finalmente, piange.
Introduzione al Film
Anche libero va bene è il primo film da regista dell’attore Kim Rossi Stuart, che si cimenta con una storia semplice ma dai risvolti molteplici. Tutto il film è centrato sull’esistenza quotidiana di Renato e della sua famiglia; sulle piccole enormi difficoltà che un uomo si trova ad affrontare dovendo provvedere da solo all’educazione e al mantenimento dei figli. Il protagonista è tratteggiato con efficacia dal regista, che è anche l’interprete principale del film. Renato è un uomo difficile: estremamente orgoglioso, non è disposto ad accettare nessuna critica e testardamente vuol sempre agire di testa sua; le conseguenze sono grandi difficoltà sul lavoro e in generale nelle relazioni sociali. Niente ci viene detto sul perché del primo abbandono da parte della moglie Stefania, se non la generica presenza di un amante; ma non è difficile supporre il crollo della donna davanti a una personalità tanto forte e insofferente. Anche nei confronti dei figli Renato è duro, spesso aggressivo: li apostrofa urlando e soprattutto pretende che i due, ancora ragazzini, si comportino da adulti. Spesso, infatti, Viola e Tommaso sono coinvolti in situazioni che non li dovrebbero riguardare: Tommi è costretto ad assistere a una scena in cui il padre, con modi brutali, cerca di riscuotere quanto gli è dovuto; poi, quando Stefania torna a casa, i due sono spettatori prima delle urla e della violenza con cui Renato accoglie la donna e poi sono chiamati a testimoni della riappacificazione dei genitori. Lo stesso Renato rimprovera il figlio per la sua assenza da casa, dicendogli che l’unità della famiglia dipende anche da lui e caricandolo così di una responsabilità troppo grande per un bambino della sua età. Ancora, Stefania confida a Tommi le ragioni della sua partenza, qualche tempo prima, così come farebbe con un’amica («me ne sono andata perché mi sentivo una vacca, un figlio dietro l’altro…»), senza calibrare le parole sulla giovane età del figlio. Del resto, Stefania e soprattutto Renato sembrano non capire il figlio: non si rendono conto di cosa possa essere adatto a un bambino della sua età e non ne sanno interpretare il disagio, come accade nella sequenza della gara di nuoto abbandonata dal ragazzino. Infuriato perché Tommi non ha corrisposto alle sue aspettative ambiziose, Renato non tenta neanche di capire il significato del gesto del ragazzo e non sa far altro che dichiarare, con freddezza, «Tu non sei mio figlio, mio figlio non fa una cosa del genere»; e di fronte al rifugiarsi del ragazzino presso la famiglia dell’amico, sfoga la sua gelosia cacciandolo di casa. Nonostante tutto, però, la conclusione del film è di segno positivo. Renato, comunque sia, prova un grande affetto per il figlio e alla fine riesce ad ascoltarlo e a capire i suoi desideri: l’iscrizione alla scuola di calcio invece che in piscina è il segno di un rinnovato tentativo di comprensione e di ascolto che forse avrà successo. Dal canto suo, Stefania è una madre poco presente ed egoista. Dopo aver abbandonato i figli e il marito torna improvvisamente a casa pretendendo che l’amore dei ragazzi per lei sia rimasto immutato. Dopo anni di assenza, le sue attenzioni appaiono ora eccessive: come nella scena in cui entra all’improvviso nella classe di Tommi, vestita in modo appariscente, per portarlo al luna park facendogli saltare la scuola. Ma l’amore materno è per lei soltanto una parentesi. Come è tornata, così la donna se ne va di nuovo per seguire, intuiamo, un nuovo amore, lasciando ancora una volta i figli in balia di loro stessi. Non si può dire, insomma, che il modello familiare ed educativo proposto ai due ragazzini sia dei migliori: Renato, seppure affettuoso e a suo modo attento ai figli, è troppo aggressivo e violento nei loro confronti e manca di qualsiasi capacità di ascolto; Stefania è una donna immatura e fragile, che non è in grado di dare ai bambini l’attenzione di cui hanno bisogno. Un modello educativo per molti versi opposto ci viene offerto dalla famiglia di Antonio, l’amico di Tommi. I due genitori, evidentemente benestanti ma soprattutto sereni e in armonia tra di loro, accolgono l’amico del figlio con affetto; e il bambino trova in quella casa elegante e calda quell’affiatamento e quella tranquillità che mancano nella sua; percorso che culmina nella sequenza in cui il padre di Antonio porta Tommi con sé a pescare, offrendogli un pomeriggio di silenzio e pacatezza dopo le urla e gli sfoghi di Renato. Il quadro di questa famiglia, forse fin troppo idilliaco, serve soprattutto a caratterizzare per contrasto la situazione della famiglia di Tommi, disequilibrata e sempre sull’orlo della rottura.
Il ruolo el minore e la sua rappresentazione
Tommi e la sorella Viola sono protagonisti assoluti del film. La ragazzina – interpretata da Marta Nobili – sebbene sia più grande del fratello, appare meno riflessiva e saggia di Tommi – Alessandro Morace – che è invece un bambino maturo e consapevole, forse fin troppo per la sua età. Giocherellona ed espansiva quanto Tommi è calmo e riservato, Viola esprime con facilità e immediatezza i propri sentimenti. Abbraccia e bacia il padre e il fratello, e crede ingenuamente a tutto ciò che gli adulti le dicono. Così, quando il padre annuncia di essersi messo in proprio per il suo lavoro, Viola annuisce entusiasta all’ottimismo ostentato dall’uomo, mentre Tommi pensa subito alle difficoltà finanziarie che potranno incontrare. Anche al ritorno della madre, Viola corre incontro alla donna perdonandole immediatamente la lunga assenza e supplicando Renato di riprenderla con loro, mentre Tommi è più cauto, memore della sofferenza patita. Mentre Viola è istintivamente felice per l’unità ritrovata della famiglia, le parole che Tommi rivolge al padre sono quasi crudeli: «Tanto se ne rivà», dice, del tutto sfiduciato nei confronti della madre. Nel rapporto col padre, Tommi patisce l’invadenza e l’aggressività dell’uomo. Nonostante l’affetto che lega i due, il bambino non riesce a farsi ascoltare dal padre, che lo stimola alla competitività nel nuoto mentre il ragazzino, che pure gli obbedisce allenandosi diligentemente, vorrebbe giocare a calcio come tutti i suoi coetanei. Tommi subisce le sfuriate dell’uomo, che lo imbarazzano e lo turbano; e questo, unito al forte dolore per l’abbandono della madre, lo porta a rifugiarsi in una maturità anticipata, che lo fa reagire con saggezza mista a disincanto. Ne è un segno la risposta disillusa che dà all’amico Antonio quando questi gli propone di prendere un cane: «Ci manca solo il cane», dice, con la saggezza sconsolata di chi sa di non potersi permettere un’infanzia come quella degli altri. In una famiglia come la sua, sembra voler dire, non è possibile essere spensierati, e magari giocare con un cane. Nel reimpostare il rapporto con la madre, Tommi è estremamente cauto. Memore del dolore provato, mentre la sorella si abbandona senza riflettere alla nuova, provvisoria felicità, il ragazzino si muove con esitazione, senza abbandonare la propria riservatezza nel timore di soffrire di nuovo. Tommi vorrebbe poter fidarsi della madre, avere con lei un rapporto sereno; ne è testimone la scena in cui propone alla donna – che lo rimprovera di non amarla più – di farle un massaggio sulla schiena, come ha visto fare all’amico Antonio; esprimendo con questo gesto d’imitazione tutto il suo desiderio di avere una famiglia unita come quella dell’amico. Nella sequenza ambientata al luna park qualcosa sembra cambiare. Dopo la prima diffidenza, Tommi si abbandona alla felicità della presenza insolita ed entusiasmante della madre; ma quando le cose sembrano andare per il meglio, la donna se ne va di nuovo, inasprendo la sofferenza del figlio che si isola sempre più, chiudendosi in se stesso e logorando il rapporto col padre, recuperato, come si è visto, solo in extremis. Dunque Tommi è descritto come un bambino saggio ed eccessivamente maturo per la sua età; una consapevolezza dettata da una grande sofferenza interiore. Gli unici momenti in cui il ragazzino sembra tornare spensierato e giocherellone è quando, all’insaputa di tutti, sale sul tetto del palazzo e osserva il mondo, magari facendo dispetto ai passanti. Qui Tommi si trasforma: da controllato e riflessivo diviene incurante del pericolo, sfidando il vuoto; per la prima volta si comporta come un ragazzino incosciente che disobbedisce ai genitori, trovando, per pochi istanti, la libertà e la spensieratezza tipiche della sua età. E, parallelamente, riesce a piangere solo alla fine, alla vista della foto, fattagli avere dalla madre, che li ritrae insieme; solo allora riesce a dare sfogo alla sua sofferenza senza rinchiudersi in una maturità consapevole e triste, troppo difficile da sopportare alla sua età.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Sono innumerevoli i film che affrontano i complessi rapporti tra genitori e figli e che possono andare a far parte di un ciclo sul tema. Rossi Stuart tiene sicuramente molto presente il modello truffautiano dei Quattrocento colpi (Les quatre-cent coups, Francia, 1959); negli occhi di Tommi non è difficile leggere l’eco della sofferenza del piccolo Antoine Doinel, oppresso da una madre severa e scostante, incapace di comprendere le sue esigenze. Viene in mente anche, seppure in un contesto diverso, il recente Sweet Sixteen (id., Inghilterra, 2003) di Ken Loach, che narra la storia di un adolescente che cerca invano di recuperare una parvenza di unità familiare mentre la madre, tossicodipendente, è incapace di assicurare serenità ai figli. E dello stesso Loach si può citare anche Kes (id., Inghilterra, 1969): ancora una storia di incomprensione familiare e di precoce maturità da parte di un ragazzino che trova nella passione per un gheppio (il Kes del titolo) l’alternativa a una famiglia severa e completamente anaffettiva. Il film può essere inserito con facilità anche all’interno di un ciclo dedicato al rapporto padre/figlio. Impossibile non ricordare innanzitutto un classico del neorealismo italiano, Ladri di biciclette (Italia, 1948) di Vittorio De Sica, in cui il regista ritrae con partecipazione e profondità la relazione tra un padre e un figlio e la maturazione di quest’ultimo sullo sfondo della Roma del dopoguerra. In anni più recenti, si può pensare al film Le chiavi di casa (Italia, 2004) di Gianni Amelio, interpretato dallo stesso Rossi Stuart e centrato sulla relazione tra un figlio diversamente abile e un padre che, fino a quel momento, non lo ha mai voluto conoscere. Chiara Tognolotti