Considerazioni conclusive (per l'Italia) del 6 ottobre 2011 Il 6 ottobre 2011 il Comitato ha pubblicato, in seguito all'audizione della delegazione italiana avvenuta il 20 settembre 2011 a Ginevra presso la sede del Comitato, le conclusioni* sul Terzo - Quarto Rapporto periodico dell'Italia sullo stato di attuazione, nel nostro paese, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e dei relativi Protocolli Opzionali. In proposito occorre specificare, prima ancora di addentrarsi nell'analisi dello stesso, il valore che questo documento riveste per l'Italia: un riconoscimento per gli sforzi fatti finora ma anche una guida su ciò che c'è ancora da fare per una completa e corretta applicazione della Convenzione e dei due Protocolli Opzionali. In generale, l'analisi da parte del Comitato sullo stato della legislazione italiana sui diritti dei minori descrive un quadro dal quale emergono diversi ambiti normativi che, tuttora, necessitano di incisive modifiche - anche se a volte solo parziali - per poter davvero dar vita ad un apparato giuridico caratterizzabile all'insegna della piena garanzia dei diritti di bambini e adolescenti. Per comprendere ciò che è necessario fare per adeguare il nostro ordinamento giuridico alla Convenzione occorre, a livello preliminare, spiegare che, quando nella Convenzione vengono affermati principi generali a cui i singoli Stati devono adeguarsi, bisogna che gli stessi non si limitino a recepire tali principi (cosa che, peraltro, nel nostro ordinamento giuridico è il più delle volte avvenuta da tempo), ma è necessario che adottino delle specifiche norme in grado di calare queste affermazioni di principio nel diritto quotidiano. Ciò perché è solo attraverso un'implementazione della legislazione di dettaglio che si potrà giungere ad una più ampia e corretta attuazione dei valori su cui è basata la Convenzione e dei principi fondamentali che essa solennemente afferma. Se gran parte dei diritti affermati nella Convenzione sono stati, nel tempo, pienamente riconosciuti nel nostro paese (basti pensare ai diritti di libertà e quei diritti sociali come il diritto all'istruzione, alla salute, al lavoro, all'assistenza, alla risocializzazione del deviante), non sempre al riconoscimento formale hanno fatto seguito delle prassi applicative idonee a dar loro completa e generale attuazione**. Addentrandosi nell'analisi del testo delle Conclusioni è possibile rilevare che, dopo una prima parte che include gli interventi realizzati e i progressi compiuti dallo Stato, ci sono le raccomandazioni che il Comitato fa sugli specifici ambiti tematici ricavati dagli articoli della Convenzione che sono: le "Misure generali di implementazione" (artt. 4, 42 e 44, par. 6), i "Principi generali" (artt. 2, 3, 6 e 12); i "Diritti civili e libertà" (artt. 7, 8, 13-17, 19 e 37 (a)), l' "Ambiente familiare e la cura alternativa" (artt. 5, 18 (par. 1-2), 9-11, 19-21, 25, 27 (par. 4) e 39); la "Disabilità, salute e welfare" (artt. 6, 18 (par. 3), 23, 24, 26, 27 (par. 1-3) e 33); l' "Istruzione, tempo libero e attività culturali" (artt. 28, 29 e 31); infine le "Misure speciali di protezione" (artt. 22, 30, 38, 39, 40, 37 (b)-(d), 32-36). Pertanto, se dall'analisi relativa agli interventi compiuti dall'Italia per meglio aderire al testo della Convenzione emerge, nitidamente, che c'è stato un visibile impegno da parte del nostro paese per migliorare la legislazione vigente sulla base delle indicazioni contenute nel precedente rapporto (CRC/C/15/Add.198, 2003) rispetto alla Convenzione ma, anche, rispetto ai protocolli opzionali sulla vendita di bambini, la prostituzione infantile, la pornografia infantile e il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, emerge, d'altro canto, come ci sia ancora da migliorare a livello di coordinamento generale, di stanziamento delle risorse, di attività di attuazione dei principi fondamentali su cui si sorregge la Convenzione di New York e, quindi, sulla lotta ad ogni tipo di discriminazione, sulla ricerca del superiore interesse del bambino, sul diritto del bambino ad un'identità, sull'attuazione effettiva del diritto ad avere una famiglia (e dunque il diritto del bambino ad avere dei genitori adottivi se non li ha), sulla giustizia minorile, sul diritto dei rifugiati e dei richiedenti asilo e su ogni azione diretta alla tutela dei loro bambini. Infatti il Comitato apprezza l'istituzione dell'Osservatorio Nazionale ma, allo stesso tempo, non può esimersi dal richiedere e sollecitare il suo rafforzamento attraverso un maggiore investimento in risorse umane, tecniche e finanziarie per attuare le politiche per i diritti dei bambini. Lo stesso viene detto circa l'istituzione, avvenuta di recente, dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza che, pur rappresentando un decisivo passo avanti per la creazione di una figura indipendente che si occupi dei diritti dei minori, potrà essere giudicata in modo completamente positivo solo quando sarà dotata di risorse umane, tecniche e finanziarie idonee a farne davvero un organo indipendente con poteri autonomi. Inoltre, circa la figura del Garante per l'infanzia e l'adolescenza il Comitato ONU chiede, altresì, che sia assicurato un efficace coordinamento con i Garanti istituiti dalle singole regioni i quali, peraltro, differiscono notevolmente tra di loro in termini di mandato, di composizione, di struttura, di risorse, di modalità di nomina e di competenze (ad esempio non tutti hanno la competenza per poter esaminare ricorsi individuali). Alcuni rilievi del Comitato derivano dal fatto che il nostro ordinamento giuridico è intessuto, più di altri, di intricati rapporti tra normativa statale e regionale per cui, spesso, è necessaria una "concorrenza" tra la legge statale che fissa i principi e le leggi regionali che danno attuazione a tali principi sulla base di un rapporto di "gerarchia strutturale" non sempre univoco (basti pensare al netto aumento dei conflitti di attribuzione sollevati davanti alla Corte Costituzionale da parte dello Stato o delle regioni dopo la modifica del titolo V della Costituzione). A questo proposito, dalle considerazioni del Comitato emerge - insieme all'apprezzamento per l'adozione di provvedimenti legislativi fondamentali come per esempio sono le ratifiche, le adesioni alle Convenzioni internazionali e le misure di tipo istituzionale o politico prese dall'Italia - la volontà di approfondire il rapporto di complementarità che spesso intercorre fra lo Stato e le Regioni italiane e la preoccupazione per il trasferimento di competenze alle singole Regioni che causa, talvolta, un'iniqua attuazione della Convenzione nelle Regioni e, quindi, una mancanza di uniformità nell'attuazione della stessa. Così, alla preoccupazione dei tagli dei budget per l'istruzione e per la riduzione di altri fondi importanti per le politiche per l'infanzia e l'adolescenza (come il Fondo nazionale per le Politiche Sociali e per le politiche per la famiglia e il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza), il Comitato aggiunge la preoccupazione per le disparità regionali nella spesa per i bambini. E, per questo, con ancora più forza rispetto al precedente rapporto chiede che lo Stato garantisca in modo equo le risorse sia a livello nazionale che regionale affinché si possa garantire, in tutte le regioni dello Stato, un'attenzione particolare alla prima infanzia, ai servizi sociali, all'istruzione e ai programmi d'integrazione per i bambini stranieri. In allegato si può leggere la versione italiana delle Considerazioni conclusive - per l'Italia - del Comitato ONU
Tessa Onida
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* CRC/C/ITA/CO/3-4, Considerazioni conclusive (per l'Italia) del 6 ottobre 2011 relative ai rapporti sugli Stati parte secondo l'articolo 44 della Convenzione. ** Infatti, solo se letti in modo "pragmatico" acquistano una nuova forza quei principi della Convenzione che, per la loro genericità, non hanno l'attitudine a trovare immediata applicazione, ma che, proprio per la loro natura, possono assumere la funzione di "criteri interpretativi" delle norme vigenti per far sì che gli interessi dei minori siano tenuti nella considerazione che meritano e i loro diritti sempre più adeguatamente garantiti. In proposito, è utile ricordare che, sul piano strettamente giuridico, i principi fondamentali che caratterizzano il nostro ordinamento - e quelli relativi alla tutela dell'infanzia sono certamente fra questi - rappresentano dei fondamentali criteri interpretativi alla luce dei quali devono essere lette e interpretate le singole disposizioni giuridiche per dare coerenza all'insieme del quadro normativo.
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