di Nelo Risi
(Italia, 1968)
Sinossi
Anna, una diciassettenne di ottima famiglia è schizofrenica. Sembra che non esistano cure per la sua malattia fino a quando, ricoverata in una clinica svizzera viene affidata a M.me Blanche, una psicoterapeuta dai metodi poco convenzionali che prende a cuore il caso della ragazza. La donna scopre che alla base della malattia c'è il rifiuto di Anna da parte della madre che, neonata, non volle allattarla al seno. Solo quando M.me Blanche riuscirà a convincere i genitori di affidarle totalmente Anna, la ragazza potrà guarire ritrovando una figura di “madre buona” proprio in quella della dottoressa.
Analisi
Il dato più interessante che emerge da Diario di una schizofrenica, oltre a quello straordinario di una ricostruzione quanto mai fedele di una terapia psicanalitica (operazione ardua e raramente affrontata con spirito scientifico dal cinema), è quello relativo all'atteggiamento della famiglia della ragazza nei confronti della malattia. Impietosamente viene descritta l'incapacità dei genitori di reagire alla schizofrenia della figlia che, anzi, per molti versi, sembra porsi come una sorta di dato acquisito, contro il quale non valga la pena lottare. L'accettazione passiva dell'ospedalizzazione di Anna è indice più che della ricerca di una terapia valida per curare la ragazza, di una sorta di cristallizzazione della malattia all'interno del limbo protetto e ovattato della lussuosa casa di cura.E questo anche se la schizofrenia di Anna non è di origine endogena, non è provocata da cause organiche, ma da una serie di ragioni dipendenti dalle dinamiche interne alla sua famiglia come un padre distratto e assente, una madre egoista, fredda nei confronti della figlioletta, incapace di attivare una qualche forma di compensazione affettiva all'impossibilità di allattarla al seno (è da questo evento apparentemente secondario che dipende la genesi della malattia della ragazzina). La famiglia di Anna, vero punto di origine della malattia, semplicemente non vuole mettersi in discussione, riconsiderare le proprie dinamiche interne, proprio perché nella ragazza ha trovato colei sulla quale è possibile riversare i malesseri di tutto il nucleo lasciando sostanzialmente immutato il ruolo di ciascuno dei suoi membri ritenuti sani. Pur senza il rigore scientifico adottato da Nelo Risi nell'affrontare il testo di Marguerite A. Sechehaye, molti sono i casi in cui il cinema ha tentato di smascherare simili meccanismi perversi interni al nucleo familiare: da Family Life di Ken Loach (un film che estende la propria critica all'esterno della famiglia, andando a coinvolgere anche la società e le istituzioni da essa predisposte per la cura del malato di mente) a Il grande cocomero di Francesca Archibugi, molti sono gli esempi.
Il film della regista italiana, ad esempio, descrive con grande sensibilità un caso molto simile a quello analizzato in Diario di una schizofrenica, specie per quanto riguarda le dinamiche interne al nucleo familiare. Il caso di Valentina (anche qui l'epilessia di cui soffre la bambina viene creduta di origine endogena mentre la causa è esclusivamente psicologica) è emblematico di quanto sia facile, in presenza di una forte conflittualità fra i genitori, che il disagio provato dai figli verso tale situazione si cronicizzi in vere e proprie patologie che contribuiscono, paradossalmente, a tenere unita la famiglia, imprigionandola all'interno di una catena di sensi di colpa reali o presunti.