Il cinema e la sofferta ricerca di forme di comunicazione con i diversamente abili
La presenza significativa di ragazzi portatori di handicap nel cinema è un fenomeno piuttosto recente.Infatti, solo negli anni ‘60 – periodo di dilanianti rivolgimenti del tessuto sociale – alcuni autori iniziano a raccontare storie di minori disabili: se Arthur Penn in Anna dei miracoli, con una certa fiducia progressista, mette in scena la storia di un’istitutrice capace di ricostruire (non senza grandi difficoltà) le facoltà associative di una bambina muta, sorda e cieca dalla nascita (si vedano anche, con lo stesso approccio, Diario di una schizofrenica e Il grande cocomero), solo qualche anno dopo sia François Truffaut ne Il ragazzo selvaggio, sia Ken Loach in Family Life, sia William Friedkin ne L’esorcista evidenziano, con non celato disincanto, la crisi di quei professionisti (psicologi, educatori, sacerdoti) che entrano a contatto con i portatori di handicap credendo di poter risolvere i loro “problemi” con l’infallibilità della scienza o la forza della religione.
In tutti i film citati (e in molti altri), viene contestata una comunità civile che non ha mai dialogato con il mondo della diversità e che ora si trova nella difficoltà (o nell’impossibilità) di costruire alfabeti comuni che superino barriere, diffidenze, incomprensioni. Solo i bambini – non i professionisti, non gli adulti, dunque – sembrano capaci di interagire con chi è affetto da malattie mentali o fisiche, forse perché accomunati dalla solitudine, dall’esclusione o dal desiderio di diventare artefici del proprio destino (Il buio oltre la siepe, Mi chiamo Sam, Lama tagliente). Non a caso dalla metà degli anni ‘70, con il faticoso, lento, conflittuale avvicinamento dei due “mondi”, si assiste a una scissione dicotomica nella rappresentazione del fenomeno: da una parte si inizia a raccontare la sofferenza e la rabbia che deriva dall’ingiusta emarginazione del diverso (Il tamburo di latta, Dietro la maschera e Edward mani di forbice), dall’altra si fa strada la consapevolezza che occorra riscrivere – ribaltandolo – il concetto di disabile, mettendo in luce le competenze che possiede l’individuo già in tenera età: dal pianista di Shine alla poetessa di Un angelo alla mia tavola, dal giovane scrittore di Basta guardare il cielo all’apprendista liutaio de Il silenzio, i “diversamente abili” scoprono che è possibile trovare momenti di realizzazione personale.
Nondimeno, se si escludono i film horror – dove la rappresentazione della “mostruosità” serve soprattutto per sublimare i fantasmi presenti nella società (vedi Phenomena, Shining, lo stesso L’esorcista) – occorre anche segnalare, in questa sede, la quasi totale assenza sullo schermo di ragazzi colpiti da malattie genetiche deformanti (una delle rare eccezioni, lo splendido Dietro la maschera). La rimozione è sintomatica perché “mostra” che il cinema ha ancora territori di non rappresentabilità e che questi coincidono con la difficoltà ad accettare la malattia e l’handicap: se lo spettatore, ormai abituato ad ogni cruenta forma di violenza, non sostiene lo sguardo di alcune forme di diversità, seppur inconsapevolmente, non elimina, non discrimina, non emargina ancora?
ALTRE LINGUE, ALTRI ALFABETI
Film in cui l’handicap crea forme di comunicazione parallele rispetto a quelle “tradizionali”.
- 1. Chiedo asilo di Marco Ferreri, Italia/Francia, 1979
- 2. Dodes’ka-Den di Akira Kurosawa, Giappone, 1970
- 3.Dove siete? io sono qui di Liliana Cavani, Italia, 1993
- 4. Family Life di Ken Loach, Gran Bretagna, 1971
- 5. Incantesimo napoletano di Paolo Genovese e Luca Miniero, Italia, 2001
- 6. La mela di Samira Makhmalbaf, Iran/Francia, 1998
- 7. Un silenzio particolare di Stefano Rulli, Italia, 2004
BAMBINI E DISABILI: LINGUAGGI IN COMUNE
Quando i bambini diventano le uniche figure che riescono ad entrare in relazione con i diversamente abili.
- 1. Al di là del silenzio di Caroline Link, Germania, 1996
- 2. Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan, USA, 1962
- 3. Lama tagliente di Billy Bob Thornton, USA, 1996
- 4. Mi chiamo Sam di Jessie Nelson, USA, 2001
- 5. L’uomo senza volto di Mel Gibson, USA, 1993
TERAPIE FUORI DAL COMUNE
Sottogenere cinematografico in cui i portatori di handicap vengono guariti o, almeno, maggiormente integrati nella società grazie a terapie sperimentali.
- 1. A.A.A. Achille di Giovanni Albanese, Italia, 2001
- 2. Anna dei miracoli di Arthur Penn, USA, 1962
- 3. Diario di una schizofrenica di Nelo Risi, Italia, 1968
- 4. Gli esclusi di John Cassavetes, USA, 1963
- 5. Il grande cocomero di Francesca Archibugi, Italia, 1993
- 6. Porto mio fratello a fare sesso di Sven Taddicken, Germania, 2001
- 7. Prima la musica poi le parole di Fulvio Wetzl, Italia, 2000
LA SOFFERENZA E LA RABBIA DEL SENTIRSI DIVERSI
L’handicap come un fattore sociale discriminante di fronte al quale il “diverso” non può nulla, se non soffrirne e arrabbiarsi.
- 1. Buon compleanno Mr. Grape di Lasse Hallström, Usa, 1993
- 2. Dietro la maschera di Peter Bogdanovich, USA, 1985
- 3. Edward mani di forbice di Tim Burton, USA, 1990
- 4. The Elephant man di David Lynch, Gran Bretagna/USA, 1980
- 5. Phenomena di Dario Argento, Italia, 1985
- 6.Il tamburo di latta di Volker Schlöndorff, RFT/Francia, 1979
- 7. Il tempo dei cavalli ubriachi di Bahman Ghobadi, Iran, 2000
- 8. Il ragazzo dai capelli verdi di Joseph Losey, USA, 1948
- 9. Di questo non si parla di Maria Luisa Benberg, argentina, 1992
ABILI DISABILI
Quando il talento, la sensibilità e la competenza sono l’essenza dei diversamente abili.
- 1. Un angelo alla mia tavola di Jean Campion, Nuova Zelanda, 1990
- 2.Basta guardare il cielo di Peter Chelsom, USA, 1998
- 3. Forrest Gump di Robert Zemeckis, USA, 1994
- 4. Jurij di Stefano Garbini, Italia, 2001
- 5. Shine di Scott Hicks, Australia, 1996
- 6. Shining di Stanley Kubrick, USA, 1980
- 7. Il silenzio di Mohsen Makhmalbaf, Iran/Tajikistan/Francia, 1998
ESEMPI PER ADULTI FRAGILI
L’incontro con i disabili come momento formativo per gli adulti (fragili e egoisti).
- 1. Azzurro di Denis Rabaglia, Italia/Svizzera/Francia, 2000
- 2. Le chiavi di casa di Gianni Amelio, Italia, 2004
- 3. La locanda della felicità di Zhang Yimou, Cina 2001
- 4. L’ottavo giorno di Jaco Van Dormael, Francia, 1996
- 5. La voce del silenzio di Michael Lessac, Francia, 1992
Marco Dalla Gassa
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