di Luigi Comencini
(Italia, 1957)
Sinossi
Ada, madre del piccolo Mario e moglie di Aldo, muore investita da un camion. Per la famiglia è un colpo tremendo. L'uomo non sa cosa fare: dovrebbe tornare in Africa dove ha lasciato un lavoro redditizio, ma non vuole affidare il figlio ai parenti della moglie, rei, a suo parere, di non averlo educato e fatto studiare abbastanza durante la sua assenza. Soli nella vecchia casa, Aldo e Mario provano a convivere insieme, ma l'irruenza del padre e la paura del figlio di fronte a un genitore sconosciuto, li rendono estranei l'uno all'altro. Il bambino preferisce la compagnia dell'amico di famiglia Righetto, che era stato vicino a Ada, quando il marito era in trasferta. Dopo l'ennesimo litigio e l'ennesima incomprensione, Aldo decide di mandare Mario in un orfanotrofio e di tornare in Africa. Sarà solo grazie al rifiuto ostinato del figlio, all'incontro con una prostituta e, soprattutto, a una lunga chiacchierata chiarificatrice con Righetto, nella quale scoprirà le sofferenze patite da Ada, che l'uomo cambierà idea e deciderà di rimanere, a Roma, insieme al figlio.
PRESENTAZIONE DEL FILM
Mario non è capace a tenere le informazioni per sé. Il bambino non sa mentire: racconta ai vicini le liti tra parenti, racconta al padre e poi per caso alla prostituta il rapporto privilegiato tra Ada e Righetto (tanto che, in un primo momento, lo spettatore è indotto a pensare che i due siano amanti) racconta a Righetto dell'orfanotrofio. La verità esplicitata non facilita le relazioni tra i personaggi, al contrario diventa spesso la causa dei litigi del padre con i vicini o con i conoscenti. Il motivo risiede nel diverso punto di vista (inteso fisicamente) di Mario rispetto agli adulti. Egli è più basso degli adulti (Comencini lo sottolineata nella scelta del posizionamento della cinecamera molto alta quando deve riprendere gli adulti e viceversa bassa quando deve inquadrare Mario), non può che guardare il mondo in modo diverso. Si pensi alla descrizione della discarica dove lavora Righetto fatta dai due personaggi: Mario la vede come un paese dei sogni, un luogo splendido dove giocare e lavorare, Aldo come un luogo sporco e socialmente infimo. Nessuno dei due dice il falso, eppure le visioni sono opposte. Il filo conduttore del film si avvolge, così, attorno a questa opposta prospettiva di visione. Non è un caso che Mario si trovi a suo agio solo con Righetto: egli è l'unico non adulto, ovvero l'unico a non essere inserito nel dispositivo "civile" in quanto non ha un lavoro fisso, non è disposto a sacrificarsi come Aldo, non ha una casa. Gli altri, dai nonni di Mario alla maestra, da Aldo alla giovane coppia che cerca casa, pensano solo al modo migliore per far parte del meccanismo sociale, vale a dire per guardare il prossimo dall'alto in basso, come avviene inevitabilmente per gli adulti con i bambini. Altezza sociale e altezza fisica trovano nel film una forte equivalenza. Un'altra costante filmica che rimarca il tema dell'integrazione nella comunità è data dal ricorso frequente ai mezzi di trasporto, visti però come fallimentari strumenti di inserimento: Ada muore sotto un camion; Aldo perde l'autobus per colpa di Mario e incontra il suo capo mentre saluta i colleghi alla stazione; Righetto, invece di usare il camioncino per lavoro, accompagna madre e figlio al mare. L'unica chance di integrazione è in mano allo stesso Aldo, il quale per tornare in Africa potrebbe salire su un treno. Tuttavia il suo è un bivio risolutivo perché la scelta gli vieterebbe il ritorno a casa (come conferma la scena in cui il suo capo impedisce a un dipendente di scendere da un vagone), e lo costringerebbe ad abbandonare Mario. La relazione tra padre e figlio si instaura, così, solo quando Aldo decide di rifiutare l'atteggiamento individualista richiestogli dal contesto in cui vive. Il percorso non è semplice e passa attraverso la paura per la fuga di Mario, la conversazione con la prostituta, altra figura esclusa dalle dinamiche sociali, e lo scontro-confronto con Righetto. Ma alla fine del tragitto, egli apre gli occhi e cerca il dialogo con il figlio attraverso dei gesti che sono delle vere e proprie ricusazioni dei precetti sociali: per prima cosa mette sulle spalle il bambino contraddicendo la regola, seguita per tutto il film, che vuole l'adulto più alto del bambino, dopodiché sale con lui sulla giostra rinnegando la filosofia della stabilità, intesa come radicamento alla terra e del progresso lineare attraverso il volo circolare della navicella, finalmente nuovo e alternativo mezzo di trasporto. Il lieto fine non può dunque celare la vena di amarezza e pessimismo di Comencini, la sua convinzione di far parte di una "comunità civile" dove non è possibile trovare un punto di equilibrio tra la necessità di migliorare il proprio status e il bisogno di creare e mantenere una feconda vita sentimentale. Marco Dalla Gassa
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