di Dennis Gansel
Insieme al francese La classe - Entre le murs, il film tedesco L’onda di Dennis Gansel è certamente il film più significativo di una stagione cinematografica che ha mostrato un rinnovato interesse verso i temi della scuola e dell’educazione, probabilmente non a caso: in un momento di crisi come quello attuale una riflessione sulla prima agenzia di formazione giovanile dopo la famiglia, l’unica su cui la società può intervenire attraverso azioni politiche, è non solo necessaria ma anche doverosa. Non si potrebbero immaginare dimensioni sociali più divergenti da quelle mostrate dai due film: la scuola superiore di un quartiere della banlieue parigina a fortissima immigrazione nel film di Cantet, il liceo di una tranquilla cittadina tedesca in quello di Gansel, due microcosmi opposti all’interno dei quali, tuttavia, si cercano risposte a interrogativi analoghi. In entrambi i film è proprio la relazione tra individuo adolescente e società a balzare in primo piano: il rapporto con le regole e con l’autorità, il senso di appartenenza a una cultura, la tolleranza nei confronti della diversità, sono temi che attraversano, sia pure in modo diversissimo, le due pellicole. E se nel film di Cantet siamo di fronte a un’autorità contestata (il professor François) in quanto rappresentante di una cultura considerata estranea dalla maggior parte dei giovani protagonisti, nel film di Gansel assistiamo all’adesione a un progetto culturale orchestrato da un docente guardato con ammirazione dai suoi allievi. Rainer Wenger è un insegnante quarantenne fuori dagli schemi che rivendica gli anni di militanza nell’ultrasinistra e lascia che i suoi studenti gli diano del tu. Per questo, quando in occasione di una serie di lezioni sul tema dell’autocrazia propone ai ragazzi di chiamarlo “signor Wenger” e di chiedere il permesso per parlare alzandosi in piedi, non può che meravigliarsi di fronte all’interesse mostrato dal gruppo. Un gruppo che, se in un primo momento si dichiara certo dell’impossibilità di un ritorno della dittatura, in seguito accoglie con entusiasmo la proposta di Rainer di uniformarsi a una comune dottrina basata sulla disciplina, sulla gerarchia; un gruppo unito dalla reciproca solidarietà e tendente a isolare gli elementi dissidenti. Illudendosi di controllare la situazione, Rainer compie l’imprudenza di non fissare i limiti da non oltrepassare: quello che gli appare come un gioco di ruolo, dai ragazzi viene via via preso sempre più sul serio, diventando per alcuni una vera e propria ragione di vita. L’onda è tratto dal romanzo Die Welle di Morton Ruhe, divenuto lettura obbligatoria in molte scuole tedesche: il racconto si ispira a un esperimento condotto nel 1967 da Ron Jones, insegnante di storia in una scuola californiana. L’esperimento di Jones inizialmente doveva durare solo un giorno ma ben presto si estese a tutta la scuola con conseguenze drammatiche: i dissidenti ostracizzati, i membri del movimento sottoposti a un rigido controllo, i ribelli picchiati. Il quinto giorno, per evidenti motivi di ordine pubblico, l’esperimento fu sospeso. L’onda propone un’immagine preoccupante – ma al tempo stesso banalizzante – degli adolescenti d’oggi: l’adesione al progetto di Wenger suona come la realizzazione di un desiderio d’ordine e di disciplina ormai assente nella nostra società, tuttavia innato, non solo negli studenti, ma anche nel loro professore. A fronte di una molteplicità di stimoli e suggestioni provenienti da ogni genere di media, i ragazzi preferirebbero davvero uniformarsi al pensiero unico imposto dal loro docente? L’onda sembra sostenere la tesi che, di fronte alla mancanza di riferimenti certi creata dal relativismo culturale, dalla globalizzazione e dai new media, il desiderio sia quello di abbracciare prospettive più limitate ma certe. Se non fosse per il taglio di genere dato alla pellicola, L’onda potrebbe risultare inquietante: le ragioni alla base delle dittature europee elencate dai ragazzi del film (crisi economica, inflazione, disoccupazione, intolleranza per gli immigrati) sono le stesse che, proprio in questi mesi, riempiono notiziari e prime pagine dei giornali. La domanda “potrebbe ancora accaderci una cosa del genere?”, che il regista pone alla base del film, risuona ancor più sinistra in questo periodo: evocando lo spettro di un recente passato dalle sembianze mostruose, il film mette in dubbio proprio la sicurezza di progresso e soprattutto di democrazia (spesso solo ostentati a parole) che ci contraddistingue come europei. Ma tutto questo è il pre-testo – peraltro nobilissimo – alla base del film di Gansel che, alla lunga, risulta prevedibile e scontato, come tutte le pellicole “a tesi”: il senso del film, via via che si procede, diviene sempre più univoco (troppi gli episodi significativi che conducono lo spettatore nella direzione desiderata) e i personaggi sempre più scontati (i deboli si sentono gratificati dalla possibilità di comandare, gli emarginati si lasciano coinvolgere dal cameratismo dei membri dell’Onda). Il confronto con La classe - Entre le murs proposto in apertura non potrebbe essere più stridente: proprio per le ragioni poc’anzi elencate L’onda risulta intrinsecamente autoritario nei confronti dei suoi spettatori (contraddicendo, paradossalmente la sua missione) proprio quanto il film di Cantet lascia libero il pubblico di riflettere sulle situazioni date, senza aggiungere commenti e imporre giudizi. Esempio estremo di un cinema “aperto”, capace di lasciare in mano al suo pubblico un potere dialettico rafforzato da una visione originale e tutt’altro che univoca dei fatti, potrebbe essere Elephant di Gus Van Sant, legato agli altri due film oltre che dall’ambientazione scolastica anche dall’essere ispirato a vicende realmente accadute. In un – supponiamo inevitabile – cineforum per le scuole superiori sul tema “scuola e violenza”, raccomandiamo agli organizzatori di proporre il film di Gansel ma, come antidoti, anche quelli succitati di Cantet e Van Sant.
Fabrizio Colamartino
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