Oliver!

20/07/2009 Tipo di risorsa Schede film Temi Povertà Devianza minorile Titoli Rassegne filmografiche

di Carol Reed

(Gran Bretagna, 1968)

Sinossi

Oliver vive in un grande orfanotrofio con tanti piccoli compagni. E' un bambino completamente innocuo, ma viene cacciato dalla casa dei poveri perché ha osato chiedere ancora un po' di minestra alla cuoca. Preso come garzone da un costruttore di bare e utilizzato per guidare i cortei funebri dei bambini, Oliver litiga con un altro garzone perché quest'ultimo ha offeso la dignità e la memoria della madre morta. Espulso anche da lì, Oliver decide di scappare a Londra a trovar fortuna. Qui incontra "Il dritto", un ragazzino esperto in borseggi e piccoli furtarelli. Costui lo inserisce nella comunità di piccoli ladri, guidati dal losco e malvagio Fagin. Il vecchio uomo sfrutta la bravura dei ragazzi a rubare per mettere insieme una piccola fortuna in denaro e gioielli. Egli è in affari con Sikes e la compagna Nancy, anche loro ladri professionisti. Alla prima uscita da rapinatore, Oliver viene arrestato, anche se il furto del portafoglio al ricco signor Brownlow è opera di "Il dritto". Scarcerato grazie all'intervento di un testimone, Oliver è accolto dal caritatevole e ricco signor Brownlow. Tuttavia Fagin e Sikes temono che il ragazzino spifferi a qualcuno dei loro traffici e incaricano Nancy di rapire il piccolo. Alla prima uscita di casa, Oliver viene sequestrato e portato nel rifugio di Fagin. Sikes decide di utilizzare il bambino per un suo furto, infischiandosene della disapprovazione di una pentita Nancy. Anzi, quando Sikes si accorge che la ragazza cerca di riportare il bambino da Mr Brownlow, per la rabbia la uccide. Ripresosi Oliver, Sikes prova a sfuggire alla polizia ormai sulle sue tracce, ma durante la fuga viene ucciso da un colpo di pistola. Oliver può finalmente riabbracciare Mr. Brownlow, che è in realtà suo parente in quanto si scopre che la mamma del bambino è nipote del ricco signore, mentre Fagin e "Il dritto" possono tornare tranquillamente a rubare.

PRESENTAZIONE CRITICA

1968. Anno di grandi contestazioni, di rivoluzionamenti nelle arti. Il cinema risponde al momento di grande  riformismo con Hollywood party di Blake Edwards e 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Dall’altra parte, l'industria americana, prima di rendersi conto che la contestazione poteva anche essere un veicolo di guadagno e non solo di messa in crisi dei suoi apparati (Easy Rider di Dennis Hopper uscito nel 1969 e prodotto dalla Columbia con un budget di 500000 dollari, ne incassa 25 milioni), attraverso i premi Oscar, sua maggiore vetrina, fa trionfare Oliver! (ben 6 statuette), in una sorta di risposta conservatrice alla voglia di cambiamento. Oliver! è un musical, genere cinematografico tipicamente hollywoodiano, girato da uno dei grandi vecchi del cinema come l'allora sessantaduenne Carol Reed (Il terzo uomo, Idolo infranto) con grandi scenografie, in un film completamente ricostruito in studio. Una vittoria del disimpegno, nascosta sotto l'egida della favola e della vittoria delle buone intenzioni e dei 'lieto fine'. Pur lontanissimo, per esiti estetici, dai film che ha sconfitto nella corsa all'Oscar, Oliver!, nato da un musical di grande successo di Lionel Bart, ennesimo rifacimento del capolavoro dickensiano - se ne contano almeno una ventina tra film e Tv movie, anche se i principali rimangono Le avventure di Oliver Twist di David Lean, l'Oliver Twist di Frank Lloyd con Jackie Coogan nella parte dell'orfanello e questo di Carol Reed - non rimane esente da una certa influenza riformatrice e 'progressista' tipica di quel periodo. Tre appaiono i meccanismi di critica sociale: in primo luogo Reed dà un'impronta di chiara inettitudine al suo protagonista. Più che negli altri casi, questo Oliver appare in balia degli eventi: accetta senza fiatare l'ingiusta punizione nell'orfanotrofio, si accorge solo per caso che può evadere dal laboratorio, diventa ladro senza entusiasmo e ne esce quasi senza accorgersene, non si ribella al suo rapimento o quando viene costretto da Sikes a fargli da complice. Quest’incapacità di ribellione sembra essere il peso più grande che subisce il ragazzo, una dappocaggine che Oliver ha in comune con tutti i suoi coetanei - infatti, ad eccezione di "Il dritto", gli altri ragazzi sono trattati come pupazzi o come automi, come nella prima scena dell'orfanotrofio – e che sembra essere la risposta ad un mondo che non lascia spazio all’infanzia. Più che la morte dei personaggi loschi (Nancy e Sikes), appare quindi più tragicamente emblematica la 'finta' morte del ragazzino, prima rinchiuso emblematicamente in una bara e poi apparentemente investito da un treno. Non a caso, come seconda caratteristica del film, riscontriamo il ripetersi del meccanismo comico-tragico dell'inseguimento. Oliver, infatti, dall'inizio alla fine del film è sempre inseguito da qualcuno: dalla cuoca nell'orfanotrofio, dai padroni della fabbrica, dalla folla nel falso furto del portafogli, nel rifugio di Fagin, nella fuga con Sikes. Ma se nelle gag comiche l'inseguimento non riusciva mai ed era il motore della risata liberatoria, qui Oliver viene sempre e immancabilmente preso, come se l'idea di fuga dall'oppressione fosse improponibile. Una terza peculiarità risiede nella rappresentazione deformata e deformante della giustizia. Il giudice che condanna e poi libera Oliver assomiglia come una goccia d'acqua a Fagin, non ascolta nessun testimone e prende una decisione assolutamente personalistica, secondo criteri di pura apparenza. Lo stesso Fagin, a differenza del film di Lean, scampa all'arresto e la pellicola si conclude con la sua vittoria (il vero finale del film è, di fatto, quello di Fagin e di "Il dritto" che si allontanano nel tramonto, in una scena che segue le regole più classiche del "the end", piuttosto che il vero epilogo e cioè quello dell'abbraccio tra Oliver e la tata). Anche la figura di Sikes subisce un'insospettata scissione del proprio ego, a causa di un fatto di giustizia. Quando il rapinatore uccide iniquamente Nancy (non l'aveva tradito, come lui pensava, ma anzi continuava ad amarlo), il cane dell'uomo, vero suo alter ego, si dissocia dal gesto del padrone come se avesse un senso etico più grande degli umani. Quello che si può dedurre dalla messa in serie di questi meccanismi cinematografici (il doppio tra giudice e malvivente, il finale nascosto, la separazione delle coscienze in Sikes) è che siamo di fronte ad una forte critica ai giudici e ai giudicati, in un diffuso e mancato senso di giustizia. Per il resto, il film si dimostra un musical tra i più riusciti soprattutto a livello coreografico e scenografico, mentre appare una scelta suicida il doppiaggio in italiano delle canzoni, facendo venire meno la capacità recitativa degli attori e l'amalgama dei significati tra testo e musica. Marco Dalla Gassa  

E' possibile ricercare i film attraverso il Catalogo, digitando il titolo del film nel campo di ricerca. Le schede catalografiche, oltre alla presentazione critica collegata con link multimediale, contengono il cast&credits e una sinossi. Tutti i film in catalogo possono essere richiesti in prestito alla Biblioteca Innocenti Library - Alfredo Carlo Moro (nel rispetto della normativa vigente).