Sinossi
Tracy, tredici anni, è una studentessa modello. Ha un rapporto molto complice, quasi amicale con la madre Madeleine ed accetta di buon grado una vita familiare non certo tranquilla: i genitori sono separati, la madre vivacchia grazie a qualche lavoretto (taglia i capelli ad amiche e conoscenti) ed è sin troppo generosa nell’ospitare in casa amiche e persone in difficoltà, il padre non va mai a trovarla, a scuola non passa certo per una persona cool. Il quadro cambia del tutto quando Evie, la ragazza più ambita della scuola (o per dirla come i suoi compagni “la più calda”), sexy, trasgressiva, alla moda, le rivolge la parola. Prima per guadagnare la sua attenzione, poi per essere alla sua altezza, Tracy cambia completamente stile, passando dalle Barbie, i vestiti larghi e le treccine ai piercing sulla lingua, le minigonne, il trucco sempre più marcato. Per permettersi un look sempre alla moda comincia a rubare nei centri commerciali e, come se ciò non bastasse, viene iniziata da Evie – che si scoprirà essere in una condizione famigliare ancora più precaria di quella di Tracy (la madre è tossicodipendente, il padre assente) – alla droga e al sesso etero e omosessuale. Il piacere sempre più intenso per la trasgressione e la ribellione fini a se stesse porta Tracy ad aggredire prima la madre, poi il fratello e infine anche il padre finalmente “materializzatosi” dopo le innumerevoli richieste di aiuto da parte dell’ex moglie. Quest’ultima, disperata, nella speranza di mettere un freno a Tracy, acconsente al trasferimento di Evie in casa propria, ma la situazione peggiora invece di migliorare: ormai la figlia vive in perenne stato di eccitazione dovuto alle droghe e ad uno stile di vita fattosi sempre più insostenibile. Il brusco risveglio è dietro l’angolo e con esso l’esigenza da parte di Tracy di riconsiderare i propri atteggiamenti, le proprie relazioni amicali, i propri valori.
Introduzione al Film
L’altra faccia della “MTV Generation”
Piercing all’ombelico o alla lingua, abbigliamento sexy (d’obbligo le minigonne o i jeans aderenti a vita bassa, le canottiere o le camicette che mostrano abbondantemente la prosperità dei seni e la piattezza del ventre), atteggiamenti trasgressivi, conturbanti e costantemente provocanti, la continua dimostrazione del pieno dominio di sé in ogni situazione – che consente di affrontare con sicurezza ogni esperienza trasgressiva e “pericolosa” –, appagamento di qualsiasi voglia in qualsiasi momento, assoluta mancanza di rispetto verso adulti, istituzioni, regole. Non stiamo descrivendo il look e i modi di comportarsi delle protagoniste del film, ma quelli della maggior parte delle cantanti che popolano i video musicali di MTV (Britney Spears, Jennifer Lopez, Kylie Minogue o di Geri Halliwell solo per citare le più conosciute) e delle ragazze che partecipano ad alcuni programmi trasmessi dall’emittente televisiva (su tutti Dismissed), spesso presi a modello dalle ragazze, anche dalle protagoniste del film. Le trasmissioni di MTV non sono certo le sole a proporre un particolare canone estetico, ma rappresentano probabilmente l’avanguardia di un sistema ben oliato che si serve dei mezzi di comunicazione di massa (televisione, pubblicità, musica, cinema) per indurre le teenager a diventare donne appena superata la soglia della pubertà, per trasformarle così in consumatrici: di abbigliamento generalmente, ma – perché no? – anche di chirurgia plastica se madre natura non ha fatto il suo “dovere”. Il film dell’esordiente Catherine Hardwicke ha il merito di scoperchiare la pentola e mostrare l’altra faccia della “Girl Culture” quella che spinge una tredicenne, per spirito di emulazione, per esigenze di integrazione nel gruppo della scuola, per solitudine, a trasformarsi nel piccolo clone di una star televisiva. Peccato che per mantenere quest’aura, Tracy sia indotta prima a rubare, poi, seguendo un circolo vizioso senza fine, alla conoscenza delle droghe (ovviamente degli eccitanti), del sesso (etero, omosessuale e di gruppo) e della ribellione verso tutti gli adulti. La Hardwicke, sapientemente, racconta la sua storia utilizzando lo stesso “stile MTV”: sopra le righe, giovanile, musicale (uso assiduo della camera a mano, del jump cut, dei movimenti di macchina, di un montaggio sincopato e antinaturalistico), quasi volesse combattere la sua battaglia con le stesse armi del “nemico”.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
I perché senza perché
Come già sperimentato da Gabriele Muccino in Come te nessuno mai, coinvolgere nella sceneggiatura di un film sulla vita degli adolescenti alcuni ragazzi, e magari farli anche recitare, conferisce al racconto (e allo stile registico adottato) un grado di realismo maggiore, una sorta di marchio di “autenticità” che influenza inevitabilmente la visione. In quel caso, il regista italiano aveva coinvolto sia come sceneggiatori che come interpreti il fratello minore (l’allora diciottenne Silvio) e una sua compagna di classe, Adele Tulli; in questo caso Catherine Hardwicke coinvolge nel progetto la figliastra Nikki Reed (figlia del suo secondo marito) che, oltre a scrivere dialoghi e plot del film, interpreta la ultra-trasgressiva Evie Zamora. Che il lavoro dei ragazzi sia poi capace di svelare le vere ragioni di certi comportamenti ribelli è tutto un altro discorso. Sembrano, infatti, troppo “facili”, troppo semplicistiche, le attenuanti che giustificano le trasgressioni e le condotte al limite di Tracy (e naturalmente di Evie): una famiglia senza figure genitoriali autorevoli (il padre assente, la madre troppo debole per “mettere dei paletti” ai comportamenti della figlia), dinamiche di gruppo e scolastiche fondate sul bullismo e sull’adesione a determinati stili di vita (quelli della “Girl Culture”, come si diceva poc’anzi), solitudine, desiderio di sentirsi sempre e comunque al centro dell’attenzione. Tutto vero, tutto probabile (almeno nel contesto americano) eppure restano argomentazioni troppo deboli per rispondere alle domande inevitabili che il pubblico si pone di fronte a iniziazioni sessuali, narcotiche e criminali che sembrano troppo precoci per tredicenni che vivono in contesti sociali piccolo borghesi. È, paradossalmente, proprio questo il merito maggiore del film, merito che peraltro può spartire con altre pellicole che hanno “scandalizzato” l’opinione pubblica negli ultimi anni come Kids di Larry Clark o Elephant di Gus Van Sant, il quale però rinuncia in partenza a caratterizzare psicologicamente i suoi giovani protagonisti ed ha tutt’altro spessore: quello di lasciare inevase domande che sono scottanti, scomode, fastidiose su un’età che rimane pressoché sconosciuta agli adulti. Questi ultimi, alla fine, sembrano i personaggi più convincenti del racconto perché disinteressati (il padre di Tracy), inetti (la madre di Evie) e soprattutto disorientati, impauriti e fragili (la madre di Tracy). Le due ragazze percepiscono l’inconsistenza delle proprie madri e ne sfruttano le debolezze. Illuminante, in special modo, il rapporto tra Tracy e Madeleine: la relazione istauratasi tra madre e figlia è impostata sull’amicizia e su un rapporto tra pari che sembra funzionare fino a quando Tracy si comporta ancora come una bambina, ma diventa deleterio quando la ragazzina entra nel mondo adolescenziale: il profilo informale scelto da Madeleine le ha ormai tolto qualsiasi aura di autorevolezza; ora che le servirebbe – visto che la figlia ha deciso di escluderla della propria vita e di non rispondere alle sue domande – si ritrova senza la possibilità di indirizzare (anche con le maniere forti) una barca che, senza guida, è destinata a sbattere contro gli scogli.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Il film ha un contenuto molto forte, ma proprio perché privo di moralismi preconfezionati e grazie al suo stile accattivante, è adatto ad un pubblico molto giovane, specie se rientra all’interno di percorsi che mirano a far riflettere gli adolescenti sulle proprie esperienze di vita: come detto, merita meditare sui modelli estetici e comportamentali che giungono dalla televisione e che il film per molti versi riflette (criticandoli implicitamente). Per questo suggeriamo di affiancare alla visione di Thirteen – Tredici anni quella di Le donne vere hanno le curve di Patricia Cardoso, per certi versi un film speculare. La pellicola potrebbe a buon diritto rientrare anche in un’ideale storia del cinema della ribellione giovanile, ultima tappa di un percorso che sposta sempre più in là il limite della ribellione e coinvolge di volta in volta personaggi sempre più giovani. Segnaliamo, a titolo di esempio, alcuni film che affrontano il tema della ribellione: per gli anni Cinquanta citiamo Gioventù bruciata di Nicholas Ray o Il gigante di George Stevens, per i Sessanta Gioventù amore e rabbia di Tony Richardson, La scuola della violenza di James Clavell, Se… di Lindsay Anderson, per i Settanta La rabbia giovane di Terrence Malick e Baby Killer di Larry Cohen, per gli Ottanta Rusty il selvaggio e I ragazzi della 56a strada di Francis Ford Coppola, Schegge di follia di Michael Lehmann, per i Novanta American History X di Toni Kaye e La vergine dei sicari di Barbet Schroeder. Marco Dalla Gassa