Le ripercussioni sul lavoro a causa dello sbilanciamento tra carichi di cura e vita professionale, i sistemi di sostegno alla genitorialità nel nostro e in altri Paesi europei, le difficoltà di accesso al mondo del lavoro solo perché madri. Sono alcuni dei temi al centro del rapporto Le Equilibriste: la maternità in Italia 2024, pubblicazione di Save the Children che traccia un bilancio aggiornato delle numerose sfide che le donne devono affrontare nel nostro Paese quando decidono di avere dei figli.
I dati Istat sulla natalità, riportati nel documento, confermano un ulteriore calo delle nascite nel 2023 (379mila bambini venuti al mondo, con una diminuzione del 3,6% rispetto al 2022). Il numero medio di figli per donna, inoltre, scende da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023.
«Le donne in Italia – si legge nel sito di Save the Children - hanno una presenza diversa rispetto agli uomini nel mercato del lavoro. Con la maternità questa differenza si accentua. In un mercato del lavoro che risente ancora un gap di genere fortissimo, c’è sicuramente un elemento che non può sfuggire all’attenzione: se il rinvio della maternità e la bassa fecondità sono frutto di numerose concause, i dati rivelano che più aumenta la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, più aumenta il tasso di fecondità».
Secondo quanto evidenziato dal rapporto, a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà delle donne con due o più figli minorenni ha un impiego (57,8%). Al contrario, per gli uomini della stessa età, il tasso di occupazione totale è dell’83,7%, che varia e va dal 77,3% per chi è senza figli, fino al 91,3% per chi ha un figlio minorenne e al 91,6% per chi ne ha due o più.
Altri dati rivelano che in Italia, mentre il lavoro a tempo pieno è più comune tra gli uomini rispetto alle donne, accade l’opposto per il lavoro part-time: solo il 6,6% degli uomini che lavora lo fa a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle lavoratrici, che per la metà dei casi subisce un part-time involontario. Tra le donne con figli aumenta notevolmente la percentuale di impiegate a tempo parziale (36,7%) rispetto a quelle senza figli (23,5%). Tra gli uomini, invece, si passa dall’8,7% per chi non ha figli al 4,6% per i padri.
I dati sulle dimissioni volontarie post genitorialità mostrano che a dimettersi sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita. Nel corso del 2022 si registrano complessivamente 61.391 convalide di dimissioni volontarie per genitori con figli da zero a 3 anni in tutta Italia, in crescita del 17,1% rispetto all’anno precedente. La percentuale che riguarda le donne è del 72,8% del totale, pari a 44.699, mentre il 27,2% riguarda uomini, pari a 16.692. I motivi delle dimissioni sono diversi per le madri e i padri: per le donne il motivo principale è la difficoltà nel conciliare lavoro e cura; per gli uomini, invece, il motivo principale è di natura professionale.
Come ogni anno la pubblicazione include anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children, che identifica le regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia. Al primo posto tra le regioni più “amiche delle mamme” c’è sempre la Provincia Autonoma di Bolzano, seguita da Emilia-Romagna e Toscana. Nonostante la situazione italiana sia migliorata rispetto all’anno precedente, sia in modo assoluto che per gap territoriale, le regioni del Mezzogiorno continuano a posizionarsi tutte al di sotto del valore di riferimento italiano: fanalino di coda risulta la Basilicata, preceduta in fondo alla classifica da Campania, Sicilia, Puglia e Calabria.
«Tra le buone notizie notiamo che nel 2023 i divari territoriali in Italia si sono ridotti rispetto all’anno precedente, con una diminuzione della distanza tra la Basilicata, all’ultimo posto, e la Provincia autonoma di Bolzano, al primo posto, di 7 punti. In generale, in Italia vi è maggiore consapevolezza sull’importanza del supporto alla genitorialità dopo anni di dibattito pubblico».
Il rapporto è disponibile sul sito di Save the Children, nella sezione “Pubblicazioni”.
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