C'è una correlazione fra il bullismo e il disturbo da deficit d'attenzione e iperattività (DDAI)? La relazione fra i due fenomeni ha dimensioni diverse nei maschi e nelle femmine? Il tema è stato approfondito da Ersilia Menesini, docente di psicologia dello sviluppo all'Università di Firenze e Chiara Marini, autrici della ricerca Bullismo e DDAI.
Lo studio è stato realizzato nel 2007 su un campione di 104 alunni di una scuola elementare di Livorno, 53 maschi e 51 femmine di cinque classi. Dai risultati della ricerca, pubblicata di recente sulla rivista Psicologia e scuola, emergono relazioni significative fra tutti i ruoli probullismo (bullo, aiutante e sostenitore) e le dimensioni di iperattività e disattenzione caratteristiche del DDAI.
Due fenomeni diversi - il primo un comportamento problematico, con una specifica connotazione sociale che coinvolge l'intero gruppo classe, i cui componenti rivestono specifici ruoli come aiutanti e sostenitori del bullo, difensori della vittima ed esterni, il secondo un disturbo dell'apprendimento e del comportamento - che, in alcuni casi, si sovrappongono.
«Dalla ricerca – spiega Menesini – emerge una correlazione positiva tra i ruoli di bullo, sostenitore e aiutante e le categorie della disattenzione e dell'iperattività. Questa relazione diventa più significativa in rapporto alla dimensione dell'iperattività. Rispetto alle differenze di genere, i risultati evidenziano nelle bambine una correlazione positiva, tendente alla significatività, tra l'iperattività e il ruolo di difensore della vittima. Nei maschi, invece, è il ruolo di bullo-vittima a mostrare il livello in assoluto più alto di iperattività. A parte la differenza di ruoli, le proporzioni della correlazione fra i due fenomeni sono praticamente equivalenti nei maschi e nelle femmine».
La disattenzione e, in misura maggiore, l'iperattività sarebbero, insomma, importanti fattori di rischio di comportamenti tipici del bullismo. «Si tratta di fenomeni diversi – precisa Menesini – che mantengono caratteristiche peculiari. L'aggressività del bullo è intenzionale, rivolta a danneggiare la vittima per dimostrare al gruppo la propria superiorità, mentre l'impulsività e l'eccessiva esuberanza dei bambini che presentano disturbi tipici del DDAI sono frutto di una scarsa capacità di controllo che non è rivolta a causare danni agli altri coetanei. Il disturbo da deficit d'attenzione e iperattività ha una base neuronale, abbraccia la sfera cognitiva, emotiva e motoria ed è trattato nella maggior parte dei casi con un approccio di tipo clinico incentrato sull'individuo, nonostante abbia importanti ricadute sulla vita sociale».
Ma quali sono gli interventi più appropriati per affrontare le problematiche tipiche del bullismo e del DDAI?
«Nella scuola - spiega Menesini – c'è la tendenza a segnalare fenomeni di questo tipo riferendoli al singolo bambino. Spesso si tratta, invece, di problemi educativi, che riflettono situazioni di disagio presenti in famiglia. È importante, quindi, affiancare a un approccio clinico – utile per affrontare i disturbi tipici del DDAI e i casi più gravi di bullismo – strategie sistemiche, che coinvolgano la scuola e la famiglia». (bg)