Due volte alla settimana, nel carcere minorile Ferrante Aporti di Torino, apre i battenti un circo piccolo piccolo. Ci sono clave, bolas, cerchi, monocicli, piatti cinesi e tutta l'attrezzeria di giocolieri ed equilibristi. C'è un pubblico non troppo folto ma entusiasta, fatto di ragazzi spesso difficili, ancora più spesso stranieri.
Mancano il tendone, la pista, i domatori: ma a che servono, quando basta una stanza per fare circo? Dal 2006 il progetto CircoStanza dell'associazione Viviamo in Positivo Italia Onlus porta le arti circensi e la clownterapia tra i ragazzi dell'istituto di pena torinese.
I risultati sono sorprendenti: «Il laboratorio è partito come una sfida, non pensavamo che la nostra proposta attecchisse in un ambiente tanto complicato», racconta Maria Luisa Mirabella, formatrice e responsabile dell'associazione. Invece la risposta dei giovani detenuti (il 93% dei quali è di origine straniera) è stata immediata: «Di solito iniziamo a giocolare tra noi, a mostrare come si usano gli attrezzi – dice Mirabella – I ragazzi arrivano e la maggior parte di loro vuole provare». Ma non si fermano qui, aggiunge quella che i ragazzi del Ferrante, con un po' di reverenza musulmana, chiamano “la zia”: «Alcuni sono dotatissimi, diventano bravi e iniziano ad insegnare ai compagni appena arrivati». Oppure scoprono di poter cambiare vita grazie al circo: è successo a un giovane romeno di 17 anni, così bravo da ottenere un permesso premio di due giorni per seguire un corso di giocoleria avanzata.
L'approccio della squadra, capeggiata dalla Mirabella e composta da un educatore, un circense professionista e un consulente artistico, è vincente: «Dopo 2 o 3 settimane, anche i ragazzi col carattere più difficile vengono conquistati – racconta – Qualche piccolo trucco di magia o micromagia cattura sempre l'interesse».
Ma CircoStanza non è solo un'occasione di svago per riempire due ore alla settimana di noiosa vita carceraria. «Il nostro è soprattutto un lavoro educativo – sottolinea la responsabile di Vip Italia – Le arti circensi sono uno strumento pedagogico». per spiegare come relazionarsi con gli altri e rinforzare l'autostima e l'autonomia grazie alle abilità creative». «I ragazzi manifestano nelle nostre attività la loro parte buona», e questo facilita anche l'approccio e i contatti col personale del carcere. Ma per arrivare a questo risultato il lavoro non si può esaurire nelle attività coi vari gruppi del Ferrante Aporti: «Siamo parte integrante del sistema, non siamo solo giocoleria – dice Maria Luisa Mirabella – Lavoriamo molto con l'equipe del carcere, siamo sempre presenti nella vita interna della struttura». La stessa squadra, continua, «si incontra spesso per preparare al meglio le varie attività e studiare l'approccio più opportuno per affrontare i casi più difficili».
L'esperienza del circo sociale di Torino – raccontata anche in un libro – dall'anno scorso viene replicata negli istituti di pena minorile di Palermo e Catania, mentre altri laboratori sono stati attivati in realtà difficili di Genova, Modena e Asti e nello stesso capoluogo piemontese partiranno nuove attività itineranti grazie all'utilizzo della Circomobile. Il 19 aprile, in 34 piazze italiane, la quinta Giornata del naso rosso sensibilizzerà i cittadini sull'importanza della clownterapia in ospedale e sui progetti circensi con i minori disagiati. (mf)