Il 7 giugno scorso il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione Andrea Riccardi, ha approvato il Piano nazionale per la famiglia, previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Una novità per il nostro Paese, che segna il passaggio da interventi disorganici e frammentati a «un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia», intesa come destinatario e soggetto degli interventi.
Il Piano, infatti, contiene linee di indirizzo omogenee in materia di politiche familiari e garantisce centralità e cittadinanza sociale alla famiglia. La sua approvazione, si spiega in un comunicato stampa del Consiglio dei ministri, segue a una lunga fase di studio e confronto, partita con l'elaborazione di un documento preparatorio da parte del Comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia e con la formulazione di proposte da parte dell'Assemblea dell'Osservatorio. Questo materiale, insieme ad altri documenti, ha fornito la base di discussione per la Conferenza nazionale della famiglia, che si è tenuta a Milano nel novembre del 2010.
A seguito di quanto emerso dai lavori della conferenza, l'Osservatorio ha rielaborato il documento preparatorio, redigendo una bozza di Piano approvata dall'Assemblea il 23 giugno 2011 e poi sottoposta alla Conferenza unificata Stato-Regioni-Autonomie locali per l'intesa prescritta dalla legge finanziaria 2007. L'intesa è stata sancita il 19 aprile scorso, dopo un approfondito lavoro istruttorio tra tutti i livelli di Governo (Stato, regioni ed enti locali).
«La famiglia è stata nel passato, e ancor oggi è, un fondamentale ammortizzatore sociale», si legge nel documento approvato il 7 giugno. Tuttavia, «non ne consegue che essa debba sopportare i costi di una crisi globale che mette in scacco lo Stato sociale». Il Piano vuole, al contrario, «esprimere linee di intervento che considerano la famiglia quale soggetto sociale su cui investire per il futuro del Paese, in termini di valorizzazione delle sue funzioni di coesione sociale ed equità fra le generazioni».
Questi i principi a cui si ispira il Piano:
- cittadinanza sociale della famiglia, intesa come soggetto su cui investire per il futuro del Paese, valorizzando la sua funzione per la coesione sociale e per un equo rapporto tra le generazioni;
- politiche esplicite sul nucleo familiare: finora nel nostro Paese gli interventi a favore delle famiglie sono stati o dettati dall'emergenza e quindi necessariamente frammentati e disorganici, o indiretti, cioè riflesso a volte inconsapevole di altre politiche. Si tratta invece ora di delineare un quadro organico di interventi che abbiano la famiglia come specifica destinataria;
- sussidiarietà e sviluppo del capitale umano e sociale, nel senso che gli interventi devono essere attuati in modo da non sostituire ma sostenere e potenziare le funzioni proprie e autonome delle famiglie. Una logica di empowerment, quindi, e non di mero assistenzialismo delle famiglie e dei loro membri, che faccia leva sulla loro capacità di iniziativa sociale ed economica;
- solidarietà, intesa anche come rafforzamento delle reti associative delle famiglie, soprattutto quando si tratti di associazioni che non solo forniscono servizi alla persona, ma costituiscono sostegno e difesa dalla solitudine, luogo di confronto e di scambio.
Per quanto riguarda le priorità, il Piano individua tre aree su cui intervenire con urgenza: le famiglie con minori, in particolare quelle numerose; le famiglie con disabili o anziani non autosufficienti; le famiglie con disagi conclamati sia nella coppia, sia nelle relazioni genitori-figli.
Gli interventi, infine, si articolano secondo le seguenti direttrici: equità economica (fiscalità generale, tributi locali, revisione dell'Isee); politiche abitative per la famiglia; lavoro di cura familiare: servizi per la prima infanzia, congedi, tempi di cura e interventi sulla disabilità e non autosufficienza; pari opportunità e conciliazione tra famiglia e lavoro; privato sociale, terzo settore e reti associative familiari; servizi consultoriali e di informazione (consultori, mediazione familiare, centri per le famiglie); immigrazione (sostegni alle famiglie immigrate); alleanze locali per le famiglie; monitoraggio delle politiche familiari. L'iter del Piano prevede, dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri, l'adozione con decreto del Presidente della Repubblica. (bg)
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