Rassegna bibliografica 1/09 - Clown in corsia

14/09/2009

Il recente fenomeno dei clown in corsia è il tema del percorso tematico del fascicolo 1/2009 della Rassegna Bibliografica del Centro Nazionale. Nel percorso di lettura Marco Mannucci, dottore di ricerca in Pedagogia all’Università di Firenze, costruisce un itinerario sulla presenza più nuova e colorata degli ospedali.

È lo stesso curatore a riconoscere le due principali difficoltà di inquadrare la clownterapia: «la prima è che il fenomeno è ancora abbastanza recente e quindi non ha ancora un consistente numero di studi e di riferimenti – scrive Mannucci - la seconda è che, come tutte le cose nuove, il clown in corsia si colloca in una zona di confine, un’area che attraversa le tradizionali discipline».

Così Mannucci sceglie «un percorso capace di orientarsi su questi confini, partendo proprio da una rivalutazione del riso, della risata, del sorriso che c’è stata in questi ultimi decenni» e parte dai saggi di due psicologi italiani, Donata Francescato e Mario Farné, usciti negli anni Novanta e diventati punti di riferimento e di rottura per cominciare ad affrontare il tema della risata da un’altra prospettiva. Mannucci cita un passaggio della Francescato: «ridere possiede alcune caratteristiche che lo renderebbero in effetti una medicina ideale: non è cattiva da ingoiare, anzi ci fa sentire bene, è gratuita, non ha effetti collaterali negativi ed è perfino contagiosa».

E poi, per ricostruire il cambiamento di scenario di questi ultimi anni che hanno portato a una forte umanizzazione soprattutto delle strutture pediatriche, parte dall'esempio di clown ospedaliero più famoso: il medico Patch Adams, diventato conosciuto grazie al film del 1999 con Robin Williams. Mannucci passa in rassegna le varie esperienze in campo internazionale e i volumi a loro dedicati: altri esempi americani come la Clown care unit di New York, i francesi di Le rire mèdecin, gli svizzeri Dottor Sogni (arrivati anche in Italia), l'esempio fiorentino del Soccorso Clown al Meyer di Firenze o l'associazione Ridere per vivere che opera su tutto il territorio nazionale. Infine Mannucci analizza la “maschera” del clown che esce dal circo e arriva a portare allegria in un ospedale.

La parte tematica è completata da un percorso filmografico curato dal critico del Centro nazionale Fabrizio Colamartino, che racconta l'evoluzione dell'archetipo clownesco nel cinema attraverso gli esempi più famosi: Charlie Chaplin, Buster Keaton, gli eversivi fratelli Marx, il cinema di Fellini e Pasolini, la maschera di Totò e quelle di Jacques Tati e Jerry Lewis, il rapporto tra la figura clownesca e i bambini nelle pellicole. Strutturato sulla contrapposizione fondamentale tra clown bianco e clown augusto, l’articolo mette in luce come, attraverso questo personaggio, il cinema sia riuscito a far emergere le caratteristiche universali dell’essere umano in quanto unicum irriducibile alle regole e alle costrizioni sociali. Nella parte finale, dove sono analizzati alcuni film in cui, accanto a figure clownesche più o meno celebri, agiscono bambini e adolescenti, si segnala la funzione “curativa” del clown capace di utilizzare il proprio corpo come strumento demistificatorio di una presunta normalità cui ogni paziente dovrebbe adeguarsi.

A chiudere il volume la consueta e corposa rassegna di segnalazioni bibliografiche e una selezione di articoli dalle riviste internazionali. (mf)